Luna, il sogno realizzato che cambiò il mondo

di Paolo Micheletto

Cinquant’anni dallo sbarco sulla Luna. Il 20 luglio 1969 - alle 21.56.15 di Houston, mentre in Italia si faceva l’alba (erano le 4.56.15 nella notte da domenica 20 a lunedì 21 luglio) - Neil Armstrong metteva il suo piede sinistro su un terreno tanto sognato. Pochi minuti dopo lo seguiva Buzz Aldrin. Un evento storico: nessuno, tra i fortunati che c’erano nel 1969, l’ha dimenticato.

E chi è nato dopo quella data è ancora più fortunato, perché può studiarlo provando lo stupore che milioni di persone provarono quella notte. Mancano otto giorni all’anniversario dell’impresa più grande del secolo scorso. L’Adige dedicherà uno speciale di venti pagine alla conquista della Luna: appuntamento in edicola per giovedì 18 luglio, quando i lettori troveranno un inserto sull’allunaggio assieme al giornale (al consueto prezzo di 1,50 euro).
In vista dell’anniversario le librerie offrono molte occasioni per un approfondimento. Piero Bianucci, scrittore e giornalista scientifico, ha dato alle stampe «Camminare sulla Luna. Come ci siamo arrivati e come ci torneremo» (Giunti). Un libro nel quale l’emozione della missione Apollo 11 si unisce al rigore scientifico. Lo abbiamo intervistato.

Dottor Bianucci, qual è l’eredità più grande dell’impresa del 1969?

Fu un’impresa importantissima per quanto riguarda le ricadute tecnologiche. Penso ai nostri cellulari e ai sensori elettronici, prima di tutto, che derivano dalla ricerca realizzata per la missione Apollo 11. Certo, le cose di allora erano primitive. Oggi abbiamo telecamere ad alta definizione nei nostri telefoni, mentre Neil Armstrong ne ha usata una grande come una scatola da scarpe. E la definizione delle immagini era grossolana, come si può vedere nei filmati. Ma l’impulso tecnologico fu enorme. Poi c’è un’altra eredità, quella legata al piano geopolitico.

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Stati Uniti e Unione Sovietica, in piena Guerra fredda, si sfidarono anche nei cieli.

Stati Uniti e Unione Sovietica erano arrivati a piazzare ben cinquantamila testate nucleari. L’intuizione di John Fitzgerald Kennedy fu quella di trasferire una competizione simbolica nello spazio, ma il presidente fu eccezionale nel dire che gli americani volevano andare sulla Luna perché si trattava di un’impresa difficile e perché nello spazio c’era ancora la pace. E infatti pochi anni dopo la competizione per raggiungere la Luna una navicella spaziale del programma Apollo ed una capsula Sojuz si agganciarono nell’orbita intorno alla Terra, consentendo ai due equipaggi di potersi trasferire da una navicella spaziale verso l’altra. Era il 1975, sei anni dopo la conquista della Luna. Un grande gesto di pace. Nell’equipaggio russo c’era Aleksej Leonov, che doveva essere l’”Armstrong russo” e che mai avrebbe pensato di stringere la mano a un americano nello spazio.

La cooperazione spaziale è ancora in atto.

Ed è frutto della visione kennediana del 1961. Certo, oggi i rapporti si sono raffreddati, con le politiche di Trump e Putin.

La missione dell’equipaggio Armstrong, Aldrin e Collins rappresentò anche la vittoria della tecnologia americana su quella sovietica. I russi avevano un grande vantaggio, che però persero in pochi anni. Lei non a caso ha titolato un capitolo del suo libro «Come i russi persero la Luna».

I russi partivano da un vantaggio indiscutibile. Lanciarono in orbita lo Sputnik e poi il primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin. Poi le cose cambiarono.

Anche perché gli investimenti dell’amministrazione americana furono enormi.

Infatti. Il celebre discorso di Kennedy sull’obiettivo di andare sulla Luna entro il decennio è del 1961. Nel 1964, dopo la morte di Jfk, si sparse la voce che i russi sarebbero sbarcati sulla Luna nel 1967, in occasione dell’anniversario della Rivoluzione. A quel punto gli Usa decisero di impegnare il 2% del Prodotto interno lordo americano nlla ricerca spaziale: numeri incredibili.

Oggi però non c’è la tendenza al sogno che fu alla base dell’impresa del 1969.

Prima di tutto non c’è quella motivazione geopolitica che c’era allora. Oggi il mondo si poggia su quattro poli - Russia, Cina, Stati Uniti ed Europa - e non c’è alcuna visione di lungo periodo. Viviamo una fase di transizione, nella quale i problemi si cercano di risolvere con i nazionalismi ed è difficile capire dove stiamo andando.

Cosa pensa dei negazionisti, che credono che l’uomo non sia mai stato sulla Luna?

Negare fa parte dell’animo umano: i complottisti ci sono sempre stati. Ma si tratta di una tesi difficile da sostenere, cinquant’anni dopo.

Infatti non c’è alcuna prova scientifica a sostegno di chi crede che Armstrong, invece di finire sulla Luna, abbia “girato” tutto in uno studio di Hollywood agli ordini di Stanley Kubrick.

Oggi le immagini ci danno una perfezione pressoché assoluta: abbiamo potuto verificare impronta per impronta. Poi mi chiedo: se nel 1969 fosse stata tutta una messa in scena, perché sono state organizzate altre sei missioni? C’è chi dice che Elvis Presley è ancora vivo e che le Twin Towers sono state attaccate per volontà dell’amministrazione americana, oltre e negare l’efficacia dei vaccini. Dietro a queste interpretazioni c’è spesso un giro di soldi importante: in molti ne hanno ricavato un business.

Lei nel suo libro non si lascia andare a facili entusiasmi per quanto riguarda l’arrivo dell’uomo su Marte.

Non è molto di moda dirlo, ma non c’è un vero motivo per andare su Marte. Forse rimane ancora più interessante tornare sulla Luna, alla ricerca di Elio-3. L’anello debole, per quanto riguarda Marte, resta l’uomo, che verrebbe sottoposto a radiazioni molto forti e non potrebbe ripartire prima di due anni. E con i Rover oggi puoi fare qualsia cosa, dalla raccolta di foto a quella dei materiali.

Ma su Marte ci andremo.

Sì, perché la specie umana è esploratrice e anche perché ci sono enormi interessi. Ma non credo che questo accadrà nel 2030. Penso piuttosto al 2050.

Il viaggio verso Marte fa ricordare l’incredibile figura di Wernher von Braun, padre della missilistica, prima a disposizione di Hitler e poi della Nasa. Nel 1969 illustrò un progetto per portare un gruppo di astronauti su Marte entro il 1982.

Diciamo che era un genio disponibile al miglior offerente, senza distinguere tra Hitler e gli Stati Uniti. Chi pagava diventava il suo padrone.

Ma la ricerca spaziale cosa ci può “regalare” a breve?

L’obiettivo più interessante mi sembra esplorare gli asteroidi, che passano costantemente vicino alla Terra: una “missione” che prevede l’impiego di risorse accessibili. Gli asteroidi sono pericolosi perché potrebbero collidere con il nostro pianeta. Ci sono tutte le condizioni per presentare la spesa come utile alle generazioni future e con ragionevoli probabilità di successo.

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