Ospedali, il tempo per vestirsi va retribuito: la Cassazione dà ragione alla Uil trentina

La Cassazione si è pronunciata in via definitiva sulla questione del pagamento del «cambio divisa», dando piena ragione alla Uil Fpl Sanità del Trentino.

Un battaglia iniziata nel 2011 dal momento che il sindacato ha sempre ritenuto doveroso il riconoscimento economico del tempo dedicato alla vestizione in concomitanza del turno di lavoro.
È infatti obbligo del personale indossare la divisa sul luogo di lavoro, utilizzando quella fornita dall’Apss, per norma contrattuale e per imprescindibili esigenze aziendali di igiene.

Le indicazioni aziendali, in particolare, impongono il cambio sul luogo di lavoro ove sono disponibili divise pulite e dove devono essere lasciate alla fine del turno quelle usate. Per il sindacato il tempo impiegato per questa attività va remunerato, mentre l’Apss lo ha sempre negato.

La Uil Fpl sanità ha così sostenuto una causa pilota al tribunale di Trento, ottenendo esito positivo in Corte di appello nel 2013. In tale sentenza il giudice aveva dichiarato che «il tempo necessario alla vestizione e alla svestizione della divisa aziendale all’interno dell’Apss da parte della ricorrente costituisce a tutti gli effetti orari di lavoro».

Un concetto ribadito quindi dalla Suprema Corte, che ha confermato pienamente la sentenza della Corte di appello e ha condannato l’Azienda sanitaria alla rifusione delle spese di lite. Nel testo dell’ordinanza si legge infatti che sussiste «una palese e precisa definizione di una tipica imposizione di modalità comportamentali eteroimposte per imprescindibili esigenze datoriali».

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