Il Centro sociale Bruno «sfrattato» dalla Provincia ma l'attività prosegue «Questi locali sistemati da noi»

Sabato celebreranno l'ultimo giorno da inquilini "regolari" con una "spaghettata resistente"; domenica sera proiezione di Spartacus, di Stanley Kubrick, primo film della stagione del cinema all'aperto.

Proseguirà regolarmente l'attività del Centro sociale Bruno, anche dopo la scadenza del contratto di comodato gratuito con cui dal 2013 Patrimonio del Trentino aveva consegnato le chiavi dell'edificio di via Lungadige San Nicolò. 

Il contratto non verrà rinnovato e il governatore Fugatti ha fatto sapere di considerare conclusa l'esperienza.

La Lega ha sempre visto come il fumo negli occhi l'attività del Centro sociale, figurarsi se cambia idea adesso. Ma «Bruno non si caccia» recita lo striscione appeso per tutta lunghezza all'ultimo piano dello stabile, concetto ribadito sui muri all'interno.

Gli attivisti non ne vogliono sapere e considerano uno scaricabarile l'invito del presidente di Patrimonio rivolto al Comune per cercare una sede alternativa. «Per mettere in piedi questo posto abbiamo speso tanto - spiega Anna Irma Battino - e il valore delle cose che ci sono qui dentro è consistente.

Sappiamo benissimo che non ci sono ancora progetti definiti che riguardano quest'area e prima di partire coi lavori ci vorranno anni, quindi troviamo sia fuori luogo pensare oggi a posti alternativi. Abbiamo recuperato uno spazio vuoto e decadente ed è assurdo richiuderlo e contribuire alla desertificazione della città».

L'associazione Commons, a cui formalmente sono intestati contratto e utenze, continuerà perciò a pagare le bollette e portare avanti le tante iniziative che si svolgono nei locali del Centro Sociale.

Vista da lontano la sede del Bruno è un anonimo condominio vecchio stile. Il palazzo sorgeva accanto ai cancelli dell'Italcementi, fabbrica oggi rasa al suolo per fare spazio al nuovo quartiere che verrà, e ospitava all'inizio gli operai. Lo striscione e i plantigradi dipinti sulla facciata avvertono però che questa non è più la classica abitazione popolare abitata da famiglie. Appena entrati sulla sinistra c'è il bar, caratterizzato alle pareti dai murales impegnati di Omar Garcia, l'artista messicano trapiantato in città che ha dipinto la storia del Centro sociale; suo era il grande affresco di un orso bruno che campeggiava sulla facciata della vecchia sede di via della Dogana, abbattuta per fare spazio ad un parcheggio.

Bruno, come il nome dell'orso che partito dal Trentino sconfinò in Germania dove venne ucciso dalle guardie forestali bavaresi. Il Centro sociale lo ha considerato esempio di ribellione, di abbattimento di steccati e confini, e ne ha il nome. 

Ma cos'è oggi il Csa Bruno, cosa lo differenzia dalle altre associazioni culturali e di volontariato. Le risposte sono appese alle pareti del bar: «È un'esperienza indipendente, autogestita e autofinanziata; uno spazio libero da stereotipi, giudici e discriminazioni».

Ma ad accomunare i tanti volontari che animano e ruotano attorno a questa esperienza c'è soprattutto una visione idealista della società. «Il nostro orizzonte comune - spiega Filippo Rigotti - è tra pari, non mette al centro l'arricchimento ma l'uguaglianza sociale e l'attenzione per l'ambiente». Politicamente questi ragazzi si pongono in basso a sinistra. L'idea di società è anti fascista, anti razzista e anti sessista. Poi c'è lo spirito comunitario, la sensibilità per il territorio, per il confronto, il diritto all'istruzione. Non hanno nulla dei pericolosi sovversivi e non sono neanche solo ragazzetti che vogliono fare le manifestazioni.

Nel loro impegno c'è dello spessore, riconosciuto anche da gente di cultura e di spettacolo come Fabrizio Rasera, don Marcello Farina, Maria Vittoria Barrella, Camillo Zadra, che nei giorni scorsi hanno lanciato un appello affinché l'esperienza del Bruno non si concluda.

I temi che li accomunanosi traducono in idee e progetti che riempiono le stanze della sede di Piedicastello. Si fanno presentazioni di libri, spettacoli teatrali, concerti. Si discute di questioni ambientali e climatiche, di accoglienza ai migranti. Tra i progetti di lungo periodo c'è la Ciclofficina, dove in particolare gli studenti universitari riparano, sistemano e perfino assemblano con pezzi vecchi i loro velocipedi. Nella "Biosteria alla cuoca rossa" si insegna e si propone, con corsi e cene sociali, il cibo vegano a chilometro zero, scelta legata alla sostenibilità ambientale. Hanno sede qui anche i "Richiedenti terra" che gestiscono un orto comunitario a Villazzano, curato da un gruppo di migranti, e partecipano a un Gruppo di acquisto solidale.

La vicinanza con gli ultimi, che siano italiani o stranieri, ha spinto dal settembre dell'anno scorso a inaugurare all'ultimo piano dell'edificio un dormitorio che accoglie sette persone in condizioni di marginalità estrema o uscite dal progetto di accoglienza profughi ma rimaste senza casa e lavoro; sono persone che si cerca di accompagnare alla completa indipendenza dando loro almeno un tetto sotto cui dormire e un lavandino. Con i tagli del governo provinciale alle iniziative di inserimento il Bruno ha cercato di fare opera di supplenza e il venerdì sera una trentina di alunni segue "Libera la parola", lezioni di italiano tenute dai volontari.

Al terzo piano c'è l'associazione "Ora e Veglia" fatta da figli e nipoti di partigiani che portano nelle scuole progetti e testimonianze sull'antifascismo.

Nel magazzino sono appena stati rimessi i materiali usati la settimana scorsa per l'Oltreconomia, incontri sullo sfruttamento e le distorsioni del sistema capitalistico tenuti in collaborazione con altre associazioni durante il Festival.

Poi ci sono progetti di cooperazione internazionale, magari seguiti in rete con gli altri centri sociali del Nord. Insomma tanta carne al fuoco che - assicurano i ragazzi del Bruno - non sarà lasciata bruciare.

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