La lunga battaglia di Diego Canella dopo l'incidente sul campo di calcio

Dopo due mesi di riabilitazione intensiva ad Arco Diego Canella, il portiere di 26 anni del Redival in coma da due anni dopo uno scontro di gioco avvenuto sul campo di Mezzolombardo, oggi tornerà nella sua casa di Cogolo di Peio.

Dal quel drammatico giorno Diego non si è più risvegliato. I familiari parlano di stato di coscienza minima. Un percorso tutto in salita quello che sta affrontando Diego che al suo fianco ha però una grandissima famiglia, nonché amici e i compagni di squadra che non hanno mai smesso di stargli vicino in questo lungo percorso fatto di operazioni chirurgiche, cure riabilitative, sofferenza e attesa. Un’attesa che sembra infinita considerato che far riaprire gli occhi a Diego ci vorrebbe un miracolo. Un grande miracolo. Ma nessuno vuole perdere la speranza e tutte le persone che gli stanno vicino combattono. Senza se e senza ma.  

«Vorrei ringraziare tutte le persone che in questi due anni ci hanno aiutato e sostenuto economicamente - sottolinea lo zio Vittorio Penasa -. Siamo stati in Austria 11 mesi a quasi 1000 euro al giorno. In più sono stati effettuati due interventi. Abbiamo anticipato 350 mila euro che solo dopo l’intervento di un legale siamo riusciti in parte a recuperare. Senza l’aiuto di molte persone questo non sarebbe stato possibile».
Nonostante le cure, però, Diego risponde solo dal punto di vista muscolare. All’Eremo, grazie ad uno speciale robot e alle cure di medici e terapisti, è stato fatto il possibile per stimolarlo. In precedenza Diego era stato ricoverato in Terapia intensiva al S. Chiara, poi alla Clinic di Hochzirl in Austria.

È stato al termine di quel ricovero che la famiglia  decise di riportarlo a casa. «Ma nemmeno questa scelta è stata facile e indolore per tutte le peripezie legate all’organizzazione degli interventi domiciliari da parte degli operatori. Oltre a questo aspetto medico si aggiunsero gli interventi materiali per adeguare gli spazi di casa ai bisogni di Diego», spiegano i familiari. Poi naturalmente c’era e c’è tutto oggi il bisogno di riabilitazione.

«Scendere da Cogolo ad Arco una volta in settimana è praticamente impossibile per noi e quindi è stato deciso di concentrare la riabilitazione alternando periodi in cui rimane a casa e altri di ricovero» - spiega la sorella Federica che insieme alla mamma e all’altra sorella, Irene, si prende cura di Diego senza lasciarlo mai solo.
«I medici austriaci ci hanno spiegato che è molto importante il contatto fisico e quindi anche quando ogni giorno lo giriamo nel letto o lo mettiamo sulla sedia, nonostante i suoi 70 chili di peso non usiamo macchinari ma lo alziamo con le mani, proprio per l’importanza che ha questo contatto con lui. A casa vengono delle fisioterapiste a giorni alterni e gli altri ci pensiamo noi».

Difficile dire cosa accadrà in futuro. «Quello che vediamo è che più Diego viene stimolato e più il suo tono muscolare migliora e solo da quello noi possiamo capire se ha male o se qualcosa non va. È l’unico modo per comunicare con lui». Zio Vittorio ci tiene a ringraziare anche il presidente Fugatti e l’assessora Segnana per l’attenzione che hanno avuto per Diego, nonché il professor Saltuari, della clinica neurologica di Hochzirl, che oggi sarà ad Arco per un consulto.

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