Centinaia di bare e cadaveri transitati dal capannone di Scurelle Indagata una cooperativa di Pergine

Il paese di Scurelle si interroga, dopo la scoperta dei resti umani e di bare in un capannone semi-diroccato alla ex Samatec. Perché fino a duecento bare al mese sarebbero passate nell’area, in località Asola.

Gli investigatori del Noe di Trento, il nucleo operativo ecologico dei carabinieri, hanno accertato il transito di almeno trecento casse di legno e zinco all’interno dello stabile dove venivano «trattate», ossia aperte per la separazione delle spoglie mortali dalle bare provenienti da inumazione e da tumulazione in cimiteri del Veneto. Quando i carabinieri sono entrati nel capannone, mercoledì, ne hanno trovate 24 accatastate l’una sull’altra e contenenti spoglie di defunti, mentre altre tre erano aperte sul pavimento. In cassette di cartone, con i nominativi, erano stati sistemati i resti, a pochi metri da bidoni di vernici e vecchi macchinari.

L’operazione è nata da un controllo della polizia locale della Bassa Valsugana ad un furgone dei servizi funebri, la settimana scorsa. Da un incrocio di dati, gli agenti sono arrivati al capannone di Scurelle, scoprendo che all’interno di quell’immobile in apparente stato di abbandono lavoravano tre operai di una società cooperativa dell’Alta Valsugana.

Le ipotesi di reato al vaglio della procura di Trento sono di vilipendio di cadavere e gestione illecita dei rifiuti. Indagato il titolare della società cooperativa «Linea Momenti» di Pergine Valsugana, Guido Beber.
Secondo le accuse la cooperativa, che possiede regolari autorizzazioni per il trasporti di defunti, anziché portare le salme dai cimiteri ai forni crematori, le depositava presso il capannone per la separazione delle spoglie dalle casse: i resti umani venivano collocati in sacchi, poi riposti in scatole di cartone che, sigillate, erano destinate alla cremazione; le casse venivano sezionate, con la separazione del legno dallo zinco per il successivo smaltimento. «Tale modalità di gestione - evidenziano gli investigatori - permetteva alla cooperativa di ottenere un vantaggio economico dovuto ai minori costi di cremazione, pari a circa 400 euro a salma».

Dai formulari per lo smaltimento dei rifiuti emerge che nell’ultimo periodo la cooperativa (che si è insediata a Scurelle di recente, 3-4 mesi fa) ha smaltito 6mila chili di zinco, pari al peso di circa 300 bare. La Procura ha disposto il sequestro probatorio del capannone, mentre le spoglie sono state traslate nel cimitero di Scurelle. I carabinieri del Noe di Trento stanno contattando i Comuni da cui sono partite le bare per la cremazione, nelle province di Venezia (compresa la città metropolitana), Padova, Treviso e Vicenza.

L’imprenditore perginese respinge ogni accusa. «Ogni salma entrata nel capannone di Scurelle aveva un’autorizzazione comunale per la cremazione» precisa l’avvocato Stefano Frizzi, legale dell’imprenditore. La separazione delle spoglie dei defunti dalle casse funebri è un’operazione prevista e regolamentata da norme precise. Il fatto che sia stata effettuata in un capannone apparentemente in stato di abbandono ha amplificato l’impressione già grande che la visione di bare aperte e di resti mortali può destare. «Lo smaltimento dei rifiuti da parte della cooperativa è sempre stato regolare, come documentano i formulari - prosegue l’avvocato Frizzi - Beber è un intermediario, non ha rapporti diretti con i familiari. Sono i privati che si rivolgono alle pompe funebri concordando il trasferimento alla cremazione della bara con le spoglie mortali oppure la traslazione, che prevede la separazione dei resti del defunto dalla cassa di legno e di zinco».

Il legale evidenzia che non c’ stato alcun vilipendio di cadavere. «Si parla di estumulazioni ventennali, ossia di salme estratte da loculi o da terra dopo 20 anni».

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