Pesticidi della Pianura Padana nei ghiacciai delle Alpi: a rischio la vita degli insetti

I pesticidi usati per l’agricoltura in Pianura Padana finiscono per accumularsi pericolosamente nei ghiacciai alpini, minacciando la sopravvivenza delle larve di insetti nei torrenti glaciali: a lanciare l’allerta è uno studio dell’Università di Milano-Bicocca pubblicato sulla rivista Enviromental Pollution.

Analizzando una carota di ghiaccio prelevata dal ghiacciaio del Lys, nel massiccio del Monte Rosa, i ricercatori hanno evidenziato una forte correlazione tra gli usi (dal 1996 a oggi) dell’insetticida chlorpyrifos e dell’erbicida terbutilazina nelle aree agricole italiane limitrofe alle Alpi e le quantità ritrovate nella massa glaciale. L’esame di campioni di acqua di fusione prelevati dal Lys e da altri cinque ghiacciai (Morteratsch nel Massiccio del Bernina, Forni nel gruppo dell’Ortles Cevedale, Presena nel gruppo della Presanella, Tuckett nel gruppo del Brenta e Giogo Alto nel gruppo del Palla Bianca-Similaun) ha inoltre rivelato la presenza in tutto l’arco alpino di alcuni insetticidi ed erbicidi, confermando il ruolo dei ghiacciai come accumulatori di contaminanti trasportati in atmosfera e evidenziando una connessione con gli usi agricoli nelle aree limitrofe alle Alpi.

La valutazione del rischio ecologico per la comunità acquatica dei torrenti glaciali alpini indica una situazione di pericolo per le concentrazioni di chlorpirifos (superiori di quasi 100 volte rispetto al valore soglia) presenti nelle acque di fusione di alcuni ghiacciai. La comunità più minacciata è quella dei macroinvertebrati, soprattutto insetti chironomidi tra cui le specie Diamesa cinerella e Diamesa zernyi.

«L’entità della contaminazione e la sua distribuzione spaziale - spiega l’ecotossicologo Antonio Finizio - evidenziano l’esigenza di aggiornare le procedure di valutazione del rischio ecologico che considerino anche il trasporto atmosferico a media distanza, attualmente trascurato, ma di fondamentale importanza per la concessione dell’autorizzazione ministeriale relativa alla messa in commercio del prodotto fitosanitario».


 

Gli stessi risultati aveva riscontrato una ricerca del 2017. Ecco l’articolo che avevamo pubblicato allora:

Tracce di pesticidi, erbicidi, farmaci e profumi per prodotti detergenti - ma anche il famoso clorpirifos - sono state trovate in alta quota, a 2.700 metri, vicino al ghiacciaio Presena, dai ricercatori del Muse di Trento, impegnati dal 2015 a raccogliere dati nell’ambito di un progetto di ricerca biennale finanziato dalla Fondazione Caritro sul rischio ambientale dei contaminanti nei fiumi trentini. I ricercatori, coordinati da Valeria Lencioni, hanno scelto quattro diversi punti di prelievo.
Il più alto in quota, è quello sul Presena, da cui nasce il torrente Noce.

I dati definitivi, anche relativi all’uomo, saranno pronti per maggio, ma le prime risultanze sono chiare. «Il sito in alta quota è altamente impattato dal riscaldamento globale, con il ghiacciaio in forte ritiro.
In più è sfruttato come stazione sciistica con alcuni impianti ed un rifugio a 3.000 metri. Si tratta quindi di un luogo altamente sfruttato, tanto che per preservarlo dei tratti sono coperti anche con materiale biotessile.
Gli inerti utilizzati per costruire i teli, che sono in teoria biodegradabili, poi li ritroviamo in piccoli frammenti nel torrente», spiega Valeria Lencioni, idrobiologa del Muse e responsabile del progetto. Che però spiega: «La presenza di tessuti dei teloni non fa parte della nostra ricerca, è solo qualcosa che abbiamo trovato, ma che non abbiamo studiato». Cosa hanno trovato, invece? «Contaminanti come fragranze, profumi, pesticidi utilizzati sul mais della Pianura Padana e non solo che viaggiano con correnti aeree per lunghe distanze per poi precipitare per condensazione in alta quota.
Al disgelo, queste sostanze entrano in acqua. Altri pesticidi vengono invece utilizzati in Val di Sole e in Val di di Non, dove scorre il Noce, ma li troviamo nelle acque di fusione del ghiacciaio». «Quello che abbiamo messo in evidenza - prosegue Lencioni - è che ci sono decine di contaminanti: moltissimi farmaci come anti infiammatori, antibiotici e farmaci da banco, che si associano al turista e allo sportivo. Ma abbiamo anche trovato tracce di droghe e estrogeni. Una miriade di molecole si concentrano in inverno e spariscono in in primavera».

La ricercatrice ci tiene a dire che si tratta comunque di tracce, e non ci sono concentrazioni pericolose: «La presenza di queste sostanze è interessante, ma non mette assolutamente a rischio le comunità biologiche del torrente e delle acque. Al Tonale, dobbiamo dirlo, la qualità e le condizioni del torrente sono eccellenti dal punto di vista biologico. Così alla Vermigliana, meno a Mezzolombardo ovviamente, ma anche lì lo stato ecologico è buono». Sul Rio Presena sono state trovate tracce dei pesticidi in uso nei vigneti e meleti delle valli, ma anche erbicidi molto usati nella pianura Padana che hanno migrato fino al ghiacciaio, come la famosa terbutilazina e alcuni contaminanti emergenti (EC) come la tonalide, una delle fragranze più usate per shampoo e ammorbidenti.

Il team ha lavorato soprattutto in alta quota, sul ghiacciaio, dove l’inquinamento riguarda in particolare pesticidi, insetticidi, fungicidi ed erbicidi applicati sulle colture del Nord Italia, dalla pianura padana fino alle valli alpine.

Queste sostanze non rimangono dove vengono applicate ma viaggiano attraverso trasporto atmosferico. «Abbiamo individuato soprattutto terbutilazina ed S-metolachlor, mentre la contaminazione da insetticidi è dominata dal clorpirifos, molto usato su meleti e vigneti, colture tipiche delle valli alpine, in particolare a Trento e Bolzano. Nonostante tutte le attenzioni degli agricoltori questo composto arriva a contaminare i ghiacciai: in passato ne sono state individuate tracce negli ambienti artici, dunque la capacità di viaggiare del clorpirifos non ci sorprende più». Che conseguenze? «Non sappiamo quale sia l’effetto a lungo termine di queste molecole - sottolinea Lencioni - e proprio per questo nel mondo c’è molto fermento sull’argomento, tanto che l’Unione europea sta spingendo i Paesi membri ad occuparsene. Perchè queste molecole si possono accumulare e quindi gli organismi, vertebrati e non, possono assumere queste sostanze direttamente o indirettamente, mangiando animali già contaminati. Chi sta in cima alla catena è quello più a rischio».

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