Trento: truffa sui materassi, due persone a processo

di Flavia Pedrini

Era convinta di avere firmato un modulo per essere informata su offerte e promozioni di una ditta di arredamenti, invece si è ritrovata obbligata (così le hanno fatto credere) ad acquistare dei materassi, per un valore di oltre 3000 euro.
Ora i presunti autori della truffa, fruttata alla fine 1.332 euro, sono finiti a processo: si tratta di un 40enne e di un 53enne residenti in Veneto, rispettivamente legale rappresentante e promotore delle vendite di una società con sede a Milano. Secondo l'accusa, «con artifici e raggiri», avrebbero indotto la vittima, una cinquantenne trentina, a ritenere di dovere procedere con degli acquisti in virtù di un contratto che era stato sottoscritto con la loro ditta. I fatti al centro del procedimento penale risalgono al giugno del 2016, ma l'esca viene lanciata in maggio, quando a casa delle signora si presenta un uomo che sostiene di essere rappresentante di una ditta di arredi. Il venditore le propone di firmare un modulo per ricevere materiale informativo e offerte, con la possibilità di acquistare prodotti nell'arco di 4 anni. 

Qualche settimana dopo la donna viene contattata al telefono e una dipendente dell'azienda le fissa un appuntamento con un venditore, pronto a presentare alcune offerte. All'incontro con il presunto rappresentante della ditta, però, la donna trasale: l'uomo le dice di essere venuto per via del contratto di acquisto che aveva sottoscritto. Inutile dire che la signora era convinta di avere autorizzato solo la presentazione di offerte promozionali. Invece, secondo l'accusa, alla donna viene fatto credere di essersi impegnata a fare acquisiti, per almeno 2.800 euro più iva all'anno, per quattro anni. Ma il venditore, guarda caso, di fronte alla comprensibile agitazione della malcapitata, propone anche una possibile via d'uscita. Certo, non economica, ma meno onerosa di quanto previsto dal contratto firmato: procedere con un acquisto per un importo di 6.832 euro, dei quali 3.332 da corrispondere con assegni bancari e 3.500 con un finanziamento. La donna, dietro l'insistenza del venditore, alla fine firma tre assegni (che verranno poi compilati dalla ditta), dell'importo di 1.332 euro, 1000 euro e 1000 euro, affidati al venditore. Somma che avrebbe dovuto servire per acquistare dei materassi, peraltro indicati come su misura, con dimensioni maggiori di quelli standard (e dunque più costosi). Circostanza che non corrispondeva alle reali misure del letto, ma che sarebbe servita per impedire alla vittima di recedere dal contratto. 

Ma la donna, appena l'uomo se ne va e una volta ritrovata la calma, bene intuendo che ci fosse qualcosa che non funzionava, decide di rivolgersi all'Associazione tutela dei consumatori, che le fornisce tutte le indicazioni per esercitare il diritto di recesso. La vittima decide inoltre di affidarsi ad un avvocato, che chiede alla ditta di restituire gli assegni. Inutile dire che la richiesta non va a buon fine e che nemmeno i materassi non arrivano a destinazione. La ditta (ma non quella che si era presentata alla vittima) mette infatti all'incasso tutti e tre gli assegni, ma solo nel primo caso l'operazione va a buon fine (nel frattempo la donna ha estinto il conto). Adesso la vicenda è finita in tribunale.

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