«Noi genitori di disabili, dimenticati da tutti»

di Patrizia Todesco

Vive da trent’anni in funzione del figlio disabile dalla nascita per una asfissia neonatale. Denuncia l’isolamento nel quale la sua famiglia vive, della corazza che è stata costretta a costruirsi intorno per riuscire a far fronte ad un peso così gravoso e chiede servizi adatti a questi figli «speciali» e più attenzioni anche per i genitori. Franca Boccher di Roncegno lancia quindi un’appello all’amministrazione pubblica e ai politici affinché non si dimentichino di loro.

«Sono la mamma di Bruno Ciola, ragazzo affetto da una grave disabilità, causata da una gravissima asfissia neonatale. Mio figlio fra pochi mesi compirà 31 anni. La sua vita è stata un susseguirsi di problematiche legate al suo stato di salute. Lui la vita non la vive, bensì la subisce. Subire significa che forse tutto quello che abbiamo fatto per lui, (se solo potesse esprimere un suo parere) non sarebbe stato di suo gradimento e approvazione», scrive in una lunga e accorata lettera.
Leggere le sue parole è un pugno allo stomaco.

«Bruno non cammina, Bruno non parla, Bruno non può mangiare né bere, viene nutrito con una sonda gastrostomica detta Peg. Mio figlio trascorre le sue lunghe giornate tra letto e carrozzina. Se il tempo lo permette, ma soprattutto il suo stato di salute lo permette ci concediamo qualche passeggiata. Questa è una breve sintesi di cosa significa essere disabile grave. Cosa significa per nostro figlio e per noi genitori che da trent’anni lo seguiamo con amore e attenzione».

Una vita interamente dedicata a quel figlio che dipende in tutto e per tutto da lei, come se il cordone ombelicale non fosse mai stato staccato.
«La nostra vita non è più nostra, è un appendice della sua. Per noi non esistono ore di riposo, il nostro è un lavoro 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Se dovessi dire che lui per noi è stato un dono sarei una grandissima bugiarda». Mamma Franca non vuole essere ipocrita. «La disabilità non è un dono, chi afferma questo forse non l’ha mai vissuta come l’abbiamo vissuta noi. Noi ci siamo adattati a lui, abbiamo vissuto e viviamo momenti di autentica disperazione. Non siamo sereni, ci siamo semplicemente rassegnati. La rassegnazione è solo frustrazione per la vita che deve fare nostro figlio».

Con quel poco di forza e voglia di far migliorare le cose che a questa donna rimane lei lancia un appello. «Quello che chiedo a chi si occupa di politiche sociali è sicuramente impossibile e non verrà neppure preso in considerazione. Chi si occupa di questa materia dovrebbe passare anche una sola giornata e nottata con noi, forse in questo modo riuscirebbe a capire il significato della parola ormai tanto di moda “caregiver”. Io sono un caregiver, non lavoro, perchè il mio lavoro è seguire mio figlio in tutti i suoi bisogni. Tutto ciò non è minimamente riconosciuto dal nostro Stato. Io sono solamente una manovalanza a costo zero. Non avrò mai nessuna pensione, non mi posso e non mi devo ammalare altrimenti mio figlio ne risentirà a livello di assistenza. Non sono state create strutture ad hoc che possano ospitare in maniera sicura e dignitosa i nostri figli in caso di una nostra temporanea assenza. Non parlo di istituti, ma di piccole strutture che possano accogliere piccoli nuclei, tipo case famiglia, con personale ben formato. Questo sarebbe un passo importante per creare dei pilastri solidi per mettere in atto la legge del “Dopo di Noi”».

Altro problema che dovrebbe trovare una soluzione e che andrebbe a vantaggio della persona che si assiste sarebbe la visita periodica di un assistente sociale per valutare i bisogni di queste persone e dei loro famigliari.

«Dovrebbero uscire dai loro uffici, alzarsi dalle loro comode poltroncine e fare un bagno di umiltà in queste famiglie. Quando in una famiglia arriva un figlio disabile, non si deve curare solo il disabile. Tutta la famiglia avrebbe bisogno di essere presa in considerazione. A me è successo esattamente il contrario. Siamo stati completamente abbandonati dalle istituzioni. L’isolamento è la peggior insidia che affligge la famiglia di un disabile. Se avevi degli amici spariscono, i parenti spariscono, se mai ci sono stati. Se non vuoi impazzire e soccombere devi crearti una corazza che a volte viene scambiata per superbia. Non è cosi,  siamo solamente dei poveri disperati che cercano non di vivere, ma di sopravvivere».

Alla fine quello che questi genitori chiedono è più attenzione per questi figli speciali e per loro. «Non dover elemosinare sempre tutto quello che ci spetta di diritto. Eliminazione o perlomeno riduzione dei costi per lo svuotamento di pannoloni e traverse. Servizi adatti ai nostri figli nel caso noi venissimo a mancare. Riconoscimento della figura del caregiver. Noi col nostro lavoro facciamo risparmiare dei bei soldoni all’amministrazione pubblica. Concludo . Più interesse per noi e i nostri figli, non solo in campagna elettorale».


 

L'ASSESSORA SEGNANA: VICINANZA E SOSTEGNO

«A tutti i genitori di figli disabili, sento il bisogno di esprimere la mia vicinanza e sostegno in primis come persona ‘caregiver’ e come interlocutore politico intendo raccogliere la sfida, assicurando il mio pieno e totale impegno sul tema». Ad affermarlo, in una nota, è la consigliera provinciale trentina della Lega Alessia Ambrosi.

«Nonostante il lavoro svolto negli anni addietro e la sensibilità dimostrata nei confronti della tematica - aggiunge - nella nostra Provincia c’è ancora molto da fare per interpretare al meglio il valore della nostra autonomia. Una buona sanità è anzitutto aiutare le famiglie a gestire al meglio i propri cari, mettendo al primo posto il rispetto della dignità umana, favorendone le migliori condizioni di vita possibili».

«È proprio in questa direzione - spiega - che ci stiamo muovendo, partendo da quanto è avvenuto con il nuovo governo a livello nazionale, dov’è stato istituito il ministero della Disabilità, dimostrando finalmente una forte e reale sensibilità. Partendo proprio da questo e dalle segnalazioni di associazioni e famiglie, sono state riscontrate delle criticità alla legge provinciale sul ‘Dopo di Noi’. Se n’è anche parlato recentemente nella quarta commissione permanente con l’assessore alla salute, provvedimenti ad hoc saranno presto adottati, soprattutto per quanto concerne lo sviluppo e l’implementazione dei progetti di ‘abitare socialè, con lo scopo di sviluppare maggiori livelli di autosufficienza del disabile, laddove possibile, e di sostegno dei famigliari ‘caregiver’».

«Ci sarà - sostiene - un’attenzione sempre maggiore nel costruire veri e propri progetti di vita tenendo conto delle nuove e sempre mutabili esigenze, andando a colmare le lacune esistenti e a ridisegnare il sistema in sogni suo ambito. Sostenere progetti, sia culturalmente che finanziariamente, partendo da quel centro di gravità che si chiama persona, è un segno di umanità, lungimiranza e buon governo».

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