Nomi, a fuoco il tetto di un capannone

Quando i vigili del fuoco di Nomi sono arrivati sul posto, ad aspettarli, fuori dall’edificio in fiamme, c’erano una decina di ragazzi, piuttosto spaventati. Erano stati loro a dare l’allarme nel cuore della notte. «Erano le 3.27 quando è partita la selettiva: all’inizio le fiamme erano ancora all’interno dell’appartamento e il tetto cominciava appena a fumare», racconta Gabriele Boratti, comandante del corpo dei volontari di Nomi.
Poi, l’inferno: nel giro di pochi istanti le finestre sono scoppiate e, a contatto con l’aria, il fuoco ha preso vigore, divampando e avvolgendo completamente anche il tetto del capannone della famiglia Battistotti. Proprio lì, nel piano mansardato della ditta, la Tre.Cur.T, che si trova nella zona artigianale di Nomi, in località «Al port», un gruppo di amici stava festeggiando il diciottesimo compleanno di due ragazzi del paese.

La maggior parte degli invitati era già andata via, ma gli amici più stretti si erano fermati lì a dormire. Nessuno, per fortuna, si è fatto male. Ma dieci ragazzi che dormivano nella mansarda hanno rischiato di essere soffocati dalle esalazioni nel sonno.
Ma i danni sono ingenti e due famiglie, che vivono nella casa accanto, in via precauzionale sono state evacuate vista la quantità di fumo sprigionata dall’incendio. Solo il massiccio dispiegamento di forze in campo ha fatto sì che il bilancio non si aggravasse e che le fiamme non si propagassero anche al resto dell’azienda: sul posto, accanto ai vigili del fuoco volontari di Nomi, si sono fiondati i corpi di Rovereto, Pomarolo, Villa Lagarina e i permanenti di Trento, raggiunti in seconda battuta anche dai colleghi di Calliano, Besenello e Aldeno, dall’ufficiale dei vigili del fuoco di Trento e dai carabinieri di Calliano per i rilievi. In campo, oltre cinquanta uomini, dieci automezzi, quattro autobotti, due autoscale e due cisterne chilolitriche.

Come spiega Boratti, infatti, uno dei fattori che hanno reso difficoltose le operazioni è stato proprio l’approvvigionamento idrico: «Quando ci siamo attaccati agli idranti ci siamo accorti che la pressione non era sufficiente. Abbiamo quindi richiesto due cisterne, una da Trento e una da Rovereto, che facevano da spola tra la piazza di Nomi e la zona industriale per rifornirsi. Operazioni - precisa il giovane comandante - rese complicate anche dal vento, ma soprattutto dall’impervia strada d’accesso all’appartamento». Talmente stretta da costringere i mezzi più grossi a rimanere sulla provinciale della Destra Adige, la Sp 90, che per tutta la giornata di ieri è stata chiusa per permettere le operazioni di spegnimento e poi di messa in sicurezza della zona.

Sulle cause del rogo sono ancora in corso accertamenti, ma sembrerebbe, stando alle prime ricostruzioni, che tutto sarebbe partito da una stufa interna. «Verso le otto del mattino le fiamme erano domate, ma stiamo tenendo sotto controllo alcuni focolai», precisava in mattinata Boratti, poca prima di dare il via alle operazioni di smassamento della copertura. Attorno a lui, con i volti stanchi e anneriti dalle fiamme, orgogliosi di aver sconfitto l’incendio, tanti ragazzi con la divisa e poche ore di sonno alle spalle. L’odore della combustione ancora nell’aria e, a terra, travi e pezzi di perlinato carbonizzati. Ci ha pensato la comunità di Nomi a rifocillarli e rendere il loro lavoro meno faticoso: gli Alpini e alcune famiglie del paese hanno preparato tè e caffè caldi e qualche panino. Mentre i Nu.Vol.A della Vallagarina, nella caserma di via Romani, hanno allestito un punto di ristoro per gli sfollati e tutti gli uomini che hanno preso parte all’intervento.

Anche il sindaco Rinaldo Maffei, sul luogo del furioso incendio dalle prime luci dell’alba, si complimenta con gli angeli custodi della comunità: «Sono i pilastri della nostra autonomia: quando succedono queste cose ci rendiamo conto di quanto siano importanti. Ma al di là degli aspetti organizzativi, come sempre impeccabili, è stata grandiosa la risposta della comunità. La Casa di riposo ha cominciato a preparare thermos di tè e caffè, gli alpini hanno aperto la loro sede per chi avesse bisogno e i contadini del paese, con i loro trattori, hanno aiutato a trasportare in discarica il materiale incenerito. Davvero un bel segnale - sottolinea Maffei -, spontaneo e di grande solidarietà».

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