Il cognato in commissione Ma il concorso resta valido

Passa indenne all’esame del Tar il concorso per due posti di coordinatore di polizia municipale contestato per presunti favoritismi: uno dei candidati era cognato acquisito del presidente della commissione (cioè era marito, separato, della cognata). Presidente che tuttavia non ritenne, legittimamente secondo i giudici amministrativi, di astenersi dal concorso interno.

Riferiamo la vicenda, ricostruita dalla sentenza del Tar che ha respinto il ricorso di una delle partecipanti alla selezione, in forma anonima. Questo su esplicita indicazione  degli stessi giudici. Restano dunque coperti da omissis sia i nomi degli aspiranti coordinatori di polizia, sia i nomi  di chi faceva parte della commissione esaminatrice.

Il ricorso, presentato dall’avvocato Maria Cristina Osele, chiedeva l’annullamento della graduatoria e degli atti collegati sollevando diversi profili di presunta illegittimità del concorso. In particolare il primo balza all’occhio.  Secondo la ricorrente - risultata idonea, ma giunta al quinto posto della graduatoria - sussisteva «una situazione di incompatibilità del dott.omissis a presiedere e far parte della commissione, atteso il rapporto di “affinità indiretta” con il candidato omissis, coniuge della sorella della moglie, e considerati i legami familiari, nonché la commensalità abituale ed i rapporti di lavoro intrattenuti nell’ambito del corpo della Polizia municipale di Trento».

Da ciò deriverebbe la violazione delle norme del codice di procedura civile e le disposizioni del codice di comportamento. Parte ricorrente contestava anche il fatto che i commissari avessero reso la preliminare dichiarazione di non sussistenza di motivi di astensione prima di conoscere il nominativo dei candidati al concorso.

Secondo i giudici il ricorso è infondato, come sostiene  anche il Comune di Trento difeso dal’avvocato Laura Righi. Secondo il Tar non sussistono infatti le ragioni di incompatibilità stabilite dal codice di procedura civile «posto che la relazione personale assunta alla base della contestazione mossa dalla ricorrente (presidente della commissione omissis e candidato omissis, coniuge della sorella della moglie del presidente) non può essere ricondotta al rapporto di parentela - né in linea retta né in linea collaterale - definito dall’articolo 75 del codice civile». Quindi i due magari in passato a Natale mangiavano il panettone insieme, ma per la legge non sono parenti.  Inoltre il Tar rileva che quanto alla supposta, abituale commensalità tra presidente e candidato «è esclusa dalla circostanza, dimostrata in atti, della intervenuta separazione giudiziale, risalente all’anno 2005, dei coniugi omissis». Il presidente della commissione giudicante non era quindi incompatibile.

Inoltre non c’erano neppure motivi di astensione per la frequentazione abituale sul luogo di lavoro: «La conoscenza personale o il rapporto che si viene a creare tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio - sottolinea il Tar in sentenza - non costituiscono motivi di astensione, a meno che non assumano rilievo e intensità tali, nel caso di specie certamente non rilevabili, da far sorgere il sospetto che il candidato venga giudicato non in base al risultato delle prove ma in virtù di detta conoscenza o di detto rapporto».

Di certo all’ex cognato del presidente della commissione il concorso è andato male. Questa circostanza per i giudici è un’ulteriore prova che non ci furono favoritismi: infatti non solo il vigile non è risultato vincitore, ma è stato escluso, fin dalla prova scritta, dalla procedura concorsuale non avendo raggiunto il punteggio minimo richiesto.

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