Volevano assolutamente il parto in casa, 4 indagati Bimba podalica, genitori e ostetriche sotto accusa

Volevano che la loro bambina nascesse in casa, forse preferendo un ambiente più familiare e intimo, e si erano affidati a due ostetriche di un'associazione privata. Ma la piccola era in posizione podalica: per questo era stato fissato un parto cesareo programmato. E le complicazioni sopraggiunte durante il parto vaginale sarebbero state tali da causare gravi danni alla bimba, che alla nascita era cianotica e in arresto cardio respiratorio. A quel punto erano stati allertati i soccorsi e la piccola trasportata in ospedale. Ma le drammatiche conseguenze di quel parto, purtroppo, sono rimaste. L'indagine, partita dopo la segnalazione dell'Azienda sanitaria, è stata chiusa: i genitori, due giovani trentini, e le due ostetriche private, devono rispondere di lesioni personali gravissime. 

La vicenda, delicata e dolorosa, che ha segnato per sempre la vita di tutti i protagonisti, risale al settembre 2017. La bimba è nata il 27 settembre, alle 9.15 del mattino, con parto vaginale a domicilio. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nas, che hanno condotto le indagini coordinate dalla pm Alessandra Liverani, i genitori avrebbero saputo già a luglio che la bimba era podalicala, con la testa in alto e il sedere o i piedi in basso. Circostanza che aveva portato la ginecologa che seguiva la coppia a consigliare un parto cesareo programmato, fissato per il 28 settembre. Ed è proprio la tempistica degli eventi a configurare, secondo l'accusa, il profilo di colpa dei genitori. Nella notte del 26 settembre - alle 3.15 - alla donna si rompe il sacco amniotico e alle 23.30 inizia il travaglio, seguito - alle 7 del mattino del 27 settembre - dalla fase espulsiva. Dunque, secondo l'accusa, la futura mamma avrebbe potuto recarsi in ospedale. Durante la visita, infatti, la ginecologa avrebbe informato la donna dei rischi connessi ad un parto naturale in casa quando il bambino si presenta in posizione podalica, invitandola a presentarsi subito in pronto soccorso in caso di rottura del sacco amniotico o di inizio del travaglio. Sempre secondo quanto ricostruito dai militari del Nas la donna - ma anche il marito sarebbe stato informato - avrebbe sottoscritto un patto terapeutico con le due ostetriche private (non sono dipendenti dell'Azienda sanitaria), nel quale venivano evidenziati i rischi legati al parto a domicilio se il feto è podalico, compreso il rischio di morte. 

Alle ostetriche, invece, viene contestato di non avere inviato la giovane mamma in ospedale, nonostante fossero presenti il 26 e 27 settembre e sapessero che alla donna si erano rotte le acque il giorno prima del parto. Invece avrebbero allertato i soccorsi solo alle 9.32 del 27 settembre, dopo la nascita della bimba. A carico loro, poi, ci sarebbe la colpa aggiuntiva di non avere rispettato quanto previsto dalle linee guida sul parto. All'arrivo dei soccorritori la neonata si presentava ipotonica, cianotica, in stato di ipotermia e in arresto cardio respiratorio. A quel punto la bimba era stata trasportata in ospedale, ma quel drammatico parto in casa ha lasciato sulla piccola dei danni gravissimi. A carico di una delle due ostetriche, inoltre, c'è un'accusa di falso: non sarebbero corretti gli orari indicati sulla cartella ostetrica. 
Ora, dopo la conclusione dell'indagine, le difese avranno tre settimane di tempo per chiedere di essere sentite o presentare una memoria.

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