Ddl Pillon, la protesta «Maschilista e classista»

di Lorenzo Basso

Come avvenuto in oltre 60 città italiane, anche a Trento nel primo pomeriggio di ieri le associazioni per i diritti delle donne sono scese in piazza per protestare contro il disegno di legge Pillon, che prevede una riforma della normativa su separazione, divorzio e affido condiviso dei minori. Un centinaio di persone, in larga parte con striscioni e cartelli, hanno affollato largo Carducci, scandendo slogan chiedendo il ritiro incondizionato della proposta di legge, ritenuta lesiva sia della possibilità di autodeterminazione femminile, sia dei principi di tutela dei minori. Il presidio, proseguito fino al calare del sole, era organizzato dal movimento Non una di meno e dal comitato Transfemminista queer provinciale, con l’adesione della Cgil e della Uil del Trentino, nonché di diverse realtà e associazioni attive sul territorio. 

«Si tratta di un ddl maschilista e classista, che limita i diritti delle donne e dei minori, senza apportare alcun beneficio nella gestione dei conflitti famigliari e nella tutela delle vittime di violenza», hanno detto alcune attiviste delle due organizzazioni promotrici, che non hanno voluto fornire il proprio nome per «non permettere l’identificazione del movimento o del collettivo con un solo portavoce». 

«In un Paese come l’Italia - hanno poi proseguito - dove gli uomini hanno un indice di occupazione e stipendi più alti, le donne che decidono di non lavorare per curare i figli si vedranno prive di alcuna assistenza economica in caso di separazione o divorzio. Il rischio, in questo caso, è che molte decidano di non lasciare il nucleo familiare pur di non trovarsi su una strada. In caso di accusa di violenza domestica, poi, la donna può addirittura rischiare di vedersi allontanare il figlio, almeno fino al riconoscimento del fatto con una sentenza». 

Altro aspetto rilevato dai manifestanti, riguarda la tutela dei minori, con il paventato rischio di condizionamento dei figli da parte degli stessi genitori nell’elaborazione del piano famigliare. Anche la divisione dei tempi di cura è stata contestata come forma di stress e invasione di campo nella vita del minore, mentre la cosiddetta alienazione parentale a danno di un genitore contenuta nel ddl è stata definita come una «sindrome mai dimostrata scientificamente, ma usata spesso contro la madre in caso di affisso esclusivo». 

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