Dopo 8 anni e 4 sentenze cadono le accuse della ex

Dopo otto anni e quattro processi un 37enne della Rendena è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale e maltrattamenti ai danni della ex compagna e madre di suo figlio. È una sentenza che ha il sapore del riscatto quella che ha di fatto riabilitato l’imputato. Il racconto della parte lesa è stato ritenuto non del tutto credibile. Questo, insieme ad altre debolezze dell’impianto accusatorio, ha indotto i giudici della Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, a scrivere che «le risultanze probatorie non portano pertanto ad affermare al di là di ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità dell’imputato» che dunque è stato assolto «perché il fatto non sussiste».

La sentenza probabilmente mette la parola  fine in calce ad una dolorosa vicenda umana e giudiziaria. Pesantissime erano le accuse mosse dalla donna contro il compagno e riassunte nel capo di imputazione. L’imputato in tre diverse occasioni nell’inverno 2009-20010 avrebbe abusato della compagna. «Il 27 dicembre 2009 le saltava addosso, mentre erano a letto, le strappava con forza le mutande» e approfittava di lei «mettendole una mano sulla bocca per impedirle di urlare e di chiedere aiuto». Simile un altro episodio che risale ai primi di gennaio: «Dopo l’ennesimo litigio dovuto a motivi di gelosia - si legge nel capo di imputazione - la sbatteva sul divano, le saltava addosso mettendole una mano sulla gola e dandole con l’altra uno schiaffo e, visto che lei tentava di divincolarsi, la colpiva sulla pancia» e abusava di lei. La donna sarebbe stata costretta, per gelosia, a rimanere in casa, in un’occasione addirittura chiusa in camera; lui «la picchiava anche quando era in stato di gravidanza» e «minacciava di fare del male a lei e al bambino nascituro se non avesse accondisceso ad ogni sua volontà».

L’imputato, difeso dall’avvocato Romina Targa, ha sempre respinto con ostinazione tutte le accuse sostenendo di essere vittima di una sorta di ricatto (soldi per non essere denunciato). Anche quando tutto sembrava deporre contro di lui, il 37enne ha continuato a dichiararsi innocente. Il tempo, e soprattutto la Cassazione, sembrano avergli dato ragione.

In primo e secondo grado l’imputato venne condannato a 3 anni e 5 mesi di reclusione. La prima sentenza della Corte d’appello venne però annullata della Suprema corte che accolse i dubbi sollevati dalla difesa e ordinò un nuovo processo. In un procedimento penale  senza testimoni (nell’appartamento viveva anche il fratello della ragazza con la sua fidanzata, ma i due non avevano assistito a violenze) tutto si giocava sull’attendibilità del racconto reso dalla vittima. Racconto che secondo la difesa era poco credibile. Nell’annullare la sentenza la Cassazione ha indicato gli aspetti da approfondire. L’assenza di certificati medici relativi agli episodi di violenza nonostante la persona offesa fosse in stato di gravidanza; l’atteggiamento di malanimo che la donna nutriva nei confronti dell’ex; il comportamento del patrigno di lei e delle sue richieste economiche; le modalità stesse delle violenze sessuali; da rivalutare era anche l’attendibilità della donna a anche in merito al reato di maltrattamenti.

La Corte d’appello ha risentito a lungo la persona offesa approfondendo nelle motivazioni i «nodi» indicati dalla Cassazione. Alla fine i giudici hanno accolto le richieste della difesa: imputato assolto. Una sentenza attesa da otto, lunghi e anni.

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