Ossa nella Nunziatura Apostolica, si riapre il caso Orlandi

Uno scheletro «quasi integro», che da un primo esame del bacino sarebbe quello di una donna. E altri frammenti di ossa che farebbero pensare ad un’altra persona. I primi accertamenti sui resti umani scoperti durante i lavori di ristrutturazione di una dependance della Nunziatura apostolica di Roma, non risolvono il giallo e non danno la risposta che tutti attendono dal momento del ritrovamento, vale a dire se siano o meno quelli di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, le due quindicenni scomparse nel nulla a distanza di un mese e mezzo l’una d’altra 35 anni fa. Ma rivelano elementi importanti per alimentare quella che al momento è e resta una suggestione.

In attesa dell’esito degli esami scientifici disposti dalla Procura di Roma bisogna dunque rimanere ai pochi elementi certi a disposizione. A partire dal ritrovamento. Nella sede della Nunziatura in via Po, una villa con un grande giardino composta da un edificio principale e diverse strutture annesse, sono in corso dei lavori di ristrutturazione: si tratta di interventi straordinari sugli edifici ma anche di opere di giardinaggio e di restauro di alcuni dipinti.

Lunedì 29 ottobre 4 operai che stanno lavorando in quella che era la guardiania, l’edificio del custode, portano alla luce le ossa nel rifare il ‘massettò, la base del pavimento. I quattro, che sono già stati sentiti dagli investigatori, trovano prima un mucchio di resti, compreso un cranio, che fanno pensare ad uno scheletro quasi integro. E successivamente altri frammenti, in un punto diverso. I lavori vengono bloccati e avvertiti i responsabili della Nunziatura.

L’altro dato certo, perchè lo dice la nota ufficiale diffusa dal Vaticano, è che nell’edificio in via Po la Gendarmeria Vaticana è «prontamente intervenuta» per i primissimi accertamenti, investigativi e medico legali, in modo da poter informare «i Superiori della Santa Sede».

Subito dopo, presumibilmente tra la serata di lunedì e le prime ore di martedì, sono state avvertite le autorità italiane. Gli uomini della Polizia Scientifica e della squadra mobile di Roma, su delega del procuratore Giuseppe Pignatone, hanno effettuato due sopralluoghi in via Po: uno la mattina e uno nella serata di martedì, numerando ogni frammento osseo e filmando l’intera area del ritrovamento.

Nella stanza, dicono fonti investigative, non sono al momento stati trovati reperti diversi dai frammenti ossei, vale a dire tessuti organici, resti di indumenti, gioielli o altro. Ma gli accertamenti proseguiranno e non si esclude che possano anche essere estesi, d’intesa col Vaticano, ad altri locali all’interno dell’edificio costruito nel 1920 e dal 1959 sede dell’ambasciata della Santa Sede in Italia.
Il terzo elemento certo è che ci vorrà almeno una settimana per completare gli esami antropometrici e per estrarre il Dna dalle ossa e compararlo con quello di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Sempre che questo sia possibile: nel caso in cui i frammenti fossero troppo deteriorati, o fossero rimasti per troppo tempo esposti a particolari fenomeni come repentini cambi di temperatura o umidità, spiegano gli esperti, potrebbe essere impossibile estrarre il Dna dalla matrice ossea. E per le famiglie non ci saranno risposte, ancora una volta.

«Non voglio illudermi - dice la sorella di Mirella, Maria Antonietta - ma in cuor mio spero che quelle ossa siano le sue così si potrebbe mettere una parola fine». «Se sono le ossa di Emanuela - aggiunge Pietro Orlandi, che non ha mai smesso di cercare la verità - è come se fosse morta oggi».

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