Museo S.Michele: autonomia sotto attacco «Troppi soldi e troppi sprechi»

L'immagine di un Trentino che è simile alla Sicilia o alla Campania perché anche qui ci sono spreco di denaro e persone pagate dal pubblico per lavorare poco o addirittura non farlo. È questa la tesi che nella prima puntata di «W l'Italia oggi e domani» su Rete4 condotta dall'ex giornalista Rai (di mamma trentina) Gerardo Greco. Nel mirino del giornalista inviato in provincia, Gianmaria Pica, i due musei degli usi e costumi di San Michele all'Adige definito il «più caro d'Italia» e il museo del pianoforte di Avio costato tanto ma trovato chiuso.
A introdurre il servizio lo stesso Greco che spiega: «C'è chi tira la carretta e è costretto a lavorare anche la domenica e invece chi un lavoro tutto sommato ce l'ha e non lo fa nemmeno tantissimo. Vediamo questo straordinario museo» annuncia ironico.
Il servizio si apre con il giornalista che chiede a due trentini cosa può insegnare l'autonomia all'Italia? «Tutto» risponde il primo. «Possiamo già insegnare tante cose» risponde il secondo.
Pica dice: «Almeno a parole» e mostra il caso dei due musei. 

Del primo, San Michele, dice che costa 1,16 milioni, ha 18 dipendenti e nel 2016 a avuto 3.800 paganti a 6 euro l'uno. Vengono nominati «63 incarichi di consulenza in due anni e mezzo alcuni oltre i 10.000 euro» e «85.000 euro di stipendio al direttore Kezich di cui 8.000 euro di premio di risultato».  

Pica si sposta al museo del pianoforte antico a Ala che viene definito chiuso anche se costato 2 milioni di euro. Pica chiede al Comune suonando al citofono, ma la persona all'interno dice «venerdì si lavora fino alle 13».
Poi si torna in studio dove Giovanni Kezich viene preso nella morsa di Greco, Antonio Di Pietro («i musei sono una cosa seria, le regioni a statuto d'autonomo sono un'altra cosa. Forse dovrebbero essere uguali a tutte le altre e se devono stringere la cinghia, ne assumono 8 e non 15. Se prendono più soldi delle tasse che pagano, allora non sanno che farne e se li dividono tra di loro»). E di Clemente Mastella: «la verità invece è che non esistono due italie, una dello spreco al sud e risparmiosi al nord, i trentini virtuosi le regioni autonome con Trentino e Alto Adige ricevono finanziamenti dallo Stato in misura massiccia che in momenti di difficoltà non credo sia giusto per il resto dell'Italia. Non si capisce perché oggi ci siano ragioni a statuto speciale». Kezich difeso solo da D'Agostino («perché ve la prendete con questo poveraccio ciccione?») e lui stesso si difende con le unghie e i denti citando anche Monica Vitti che diceva che «in casa delle brave persone non si parla di soldi» e che il museo non deve intrattenere ma fa cultura ed è stato premiato anche in Europa.


LA REPLICA

È a dir poco imbufalito l'antropologo e direttore del museo di San Michele, Giovanni Kezich , per il servizio trasmesso l'altra sera da Rete4. Ieri lo abbiamo raggiunto mentre stava viaggiando alla volta di Rieti, dove oggi sarà relatore in un convegno sulla cultura dei pastori ed egli illustrerà la storia dell'attività silvopastorale in val di Fiemme.
«Quella di venerdì scorso, con il giornalista di Rete4 che è arrivato al museo senza preavviso, è stata un'autentica imboscata e credo che il bersaglio non fossi io, bensì la nostra autonomia. L'incursione è avvenuta mentre io e i miei collaboratori stavamo conducendo, nella sala polivalente del municipio di San Michele, un corso di aggiornamento sull'etnografia riservato a settanta insegnanti». Altro che assenteisti o scalda-sedie, dice Kezich. «Nella diretta tv continuavano ad interrompermi e non mi hanno dato modo di difendere il nostro museo».
La contestazione più rilevante, dottor Kezich, era però rivolta al suo stipendio per dirigere un museo fantasma: 80mila euro e 8.500 euro di premio. 
«Se si fossero informati bene, gli ottantamila euro lordi di retribuzione annua comprendono tutto, anche le varie indennità, tredicesima e il premio di produttività che è una voce contrattuale della busta paga». 
Il conduttore Gerardo Greco, però, lo considera uno stipendio altamente sproporzionato, rispetto al numero dei visitatori. 
«Non prendo tangenti sul numero di visitatori e quant'è accaduto la ritengo un'azione di killeraggio con un obiettivo premeditato: attraverso la denigrazione del nostro museo, il loro obiettivo, ripeto, non era colpire la mia persona, bensì l'autonomia del Trentino perché Greco aveva premesso che il presidente Ugo Rossi non si era reso disponibile».
Però le immagini hanno mostrato a milioni di telespettatori un museo desolatamente vuoto. 
«Non dipende solo da noi promuovere l'immagine del nostro museo: la Provincia spende fior di quattrini per spingere solo su Muse, Mart e Castello del Buonconsiglio».
Lei, quindi, lamenta che il vostro museo è la Cenerentola dei musei trentini?
«Io dico che in tivù la questione è stata messa sul politico e allora dovevano aprire un confronto con i politici. Hanno sbagliato indirizzo, tirando in ballo me e miei collaboratori. Non entriamo poi nel merito di tutte le cifre errate che hanno esposto, senza concederci il diritto di replica. Mi piacerebbe sapere dove hanno pescato il numero dei visitatori e il numero dei dipendenti».
Kezich non scende poi negli aspetti tecnici: se per qualcuno le tradizioni popolari non è cultura, ma solo una forma nostalgica del passato, sono affari suoi. «E' un modo inqualificabile di fare giornalismo - chiosa il direttore del museo - poiché noi agiamo a tutto campo su ciò che riguarda la ricerca storica e scientifica del Trentino». E se oggi s'invoca quella cultura che riscopre e valorizza le tradizioni, la storia di un territorio e le radici sociali e culturali di chi lo abita, per il pubblico di Rete4 che ha assistito alla trasmissione dell'atra sera. tutto ciò che mezzo secolo fa «inventò» il professor Giuseppe Sebesta, padre fondatore del museo di San Michele, non ha alcun valore.

 

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