«Giusto il passo indietro sulle aperture domenicali» Sindacati trentini soddisfatti per gli annunci del governo

di Patrizia Todesco

Su una cosa sembrano tutti d'accordo. La necessità di modificare il decreto Monti perché la liberalizzazione totale del commercio ha innegabilmente messo in difficoltà i piccoli commercianti e reso difficile la gestione della vita familiare. I più scettici, naturalmente, tengono in debita considerazione il problema del possibile calo di posti di lavoro. Ma sono una minoranza.
«Ci sarà sempre un posto dove andare a fare la spesa. Ci sarà un meccanismo di turnazione per cui resterà aperto il 25% dei negozi, gli altri a turno chiudono», ha ribadito ieri il premier Di Maio. La Lega ha puntualizzato che la riforma «non deve riguardare le città turistiche».
Walter Largher, della Uiltucs , chiede subito l'apertura di un tavolo provinciale per capire le novità che i cambiamenti prospettati porterebbero. Inevitabile che una modifica di questa portata porterebbe infatti ad una vera e propria «rivoluzione» del tessuto lavorativo del commercio.
«È comunque una battaglia che stiamo portando avanti da anni e siamo in totale disaccordo con coloro che dicono che caleranno i posti di lavoro», aggiunge Largher puntualizzando che per le zone turistiche sarà necessario fare un ragionamento a parte. Il pensiero di Largher va ai lavoratori e alle loro famiglie. «Chi lavora la domenica viene pagato il 30% in più che è poco rispetto al sacrificio. Ci sono dipendenti che lavorano ogni domenica e hanno un giorno settimanale fisso di riposo. Queste stesse persone hanno magari una moglie o un marito Iibero la domenica e diventa impossbile incontrarsi per una domenica in famiglia. Il prezzo da pagare in termini familiari è davvero alto anche perché sabato e domenica scuole e asili sono chiusi e quindi chi ha figli è in difficoltà». Per Largher occorre fare un passo indietro anche perché «quando un negozio tiene aperto 365 giorni all'anno vuol dire che ha un costo del lavoro troppo basso. A soffrire sono soprattutto i piccoli negozianti mentre ovviamente il discorso è diverso per la grande distribuzione».
«Filcams si è sempre battuta per modificare la legge sulla liberalizzazione delle aperture dei negozi. Finalmente qualcosa di concreto si muove in questa direzione: se si arriva ad una modifica del Decreto Monti non può che essere positivo. Ci auguriamo che l'impegno dichiarato dal governo trovi concretezza nel più breve tempo possibile» dice il segretario della Filcams del Trentino, Roland Caramelle , che di fronte a quanti in queste ore ipotizzano un calo dell'occupazione ribadisce: «I negozi aperti sempre, sul fronte dell'occupazione, hanno creato solo una precarizzazione del lavoro, con contratti precari, part time involontari e impossibilità di conciliare la vita personale con quella lavorativa. Di fronte a questo prezzo altissimo per i lavoratori non sono cresciuti i consumi né calati i prezzi. Si è solo omologata un'offerta commerciale a vantaggio della grande distribuzione e a scapito delle caratteristiche che il commercio ha nei diversi territori». Per Filcams, dunque, il bilancio fino a questo punto è stato solo negativo, una consapevolezza che comincia a farsi strada anche in alcuni gruppi commerciali. «Al di là delle dichiarazione di Federdistribuzione che rappresenta la Gdo ? prosegue Caramelle ? apprendiamo con favore la presa di posizione di un gruppo come Eurospin che oggi sulle pagine del Corriere della Sera prende posizione sulle aperture festive anteponendo la qualità del lavoro. Finalmente ci si rende conto che servizi di qualità non possono prescindere da una buona condizione lavorativa».
Anche Lombardo Avanzo della Fisascat Cisl esprime subito grande soddisfazione per le novità annunciate. «Già con la legge Olivi eravamo al tavolo discussione e qualche beneficio c'era stato. Poi con decreto Monti tutte le condizioni negative che avevamo predetto si sono avverate. Riteniamo che un'ampia chiusura domenicale e festiva non possa che portare benefici. Parlo di benefici per le famiglie ma anche, a livello organizzativo, per le imprese». Anche per Avanzo la liberalizzazione non ha portato ad un aumento delle assunzioni, ma piuttosto ad un carico maggiore per i lavoratori con riposi saltati e turnistiche improvvisate. «Non c'è stato aumento dei fatturati e anzi, molte aziende hanno chiuso. Eventualmente possiamo discutere su qualche deroga per eventi particolari o pensare alla stagionalità turistica di alcune zone. Ma lungo l'asse dell'Adige, nei nostri centri commerciali, le aperture sono davvero eccessive e hanno portato problemi anche ai negozi piccoli del centro».
Renato Villotti, presidente della Confesercenti del Trentino è combattuto. «Ho incontrato un grosso operatore trentino che mi ha spiegato che se lo obbligano a fare le chiusure annunciate lui dovrebbe lasciare a casa 200 persone. Per questo dico che socialmente e emotivamente è una scelta scelta giusta per le piccole medie- imprese, mentre i grandi sono penalizzati. Poi c'è un altro aspetto da valutare. Le persone se la domenica non vanno in giro nei vari centri commerciali si mettono a fare acquisti on-line. Sentiremo la nostra base per vedere come la pensa e per condividere questa nuova realtà. Solo a quel punto potremo esprimere più tranquillamente il nostro parere». Massimo Piffer, vicepresidente di Confcommercio , non nasconde di rimpiangere la legge provinciale «congelata» dal decreto Monti. «Non va bene né la chiusura totale né l'apertura totale. Nelle zone turistiche funziona a stagione e quindi c'è tempo di recuperare. Il problema è che ad aprire sempre ne fanno le spese i piccoli». Quindi bene fare un passo indietro partendo dalla legge 17 del 2010 che teneva conto delle esigenze del territorio. «Venivano date risposte ai turisti, ai consumatori e anche a imprese e collaboratori».

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