Figli in auto, condanna per abbandono

Mamma nei guai

di Sergio Damiani

Una mamma è stata condannata dal Tribunale di Trento per aver abbandonato in auto due figli di 9 e 3 anni. L'assenza dei genitori, turisti di Ravenna in vacanza a Pinzolo, era durata una mezz'ora, il tempo perché il padre andasse a recuperare l'attrezzatura da sci, mentre la madre accompagnava la figlia sulle piste per una lezione con il maestro. Ma questo non ha evitato alla donna una condanna a 4 mesi di reclusione (con la sospensione condizionale) per un reato odioso, specie per un genitore. Nelle motivazioni della sentenza, depositata nei mesi scorsi ma rimbalzata in questi giorni su molti siti di diritto, il giudice Enrico Borrelli sottolinea che non rileva tanto la durata dell'assenza, quanto la messa in pericolo dell'incolumità del minore.

Il fatto risale al 13 marzo del 2016. Fu una donna che portava a passeggio il cane, poi chiamata a deporre durante il processo, a notare in un'auto parcheggiata nei pressi delle funivie due bambini. Uno di loro appariva agitato: piangeva e faceva rumore sbattendo contro i vetri dell'auto. La donna cercò di aprire la portiera senza riuscirci. Preoccupata, avvisò i carabinieri che in pochi minuti intervennero nel parcheggio proprio mentre si materializzava il papà dei bambini. Nei confronti dei turisti di Ravenna scattò la denuncia per abbandono di minorenni, ma alla fine solo la madre è stata citata in giudizio. La posizione del padre è stata archiviata dalla procura perché l'uomo si era allontanato per recuperare dell'attrezzatura da sci presso un appartamento preso in affitto quando la moglie si trovava ancora con la prole.

La donna, che nella vita si dedica esclusivamente alla cura dei tre figli, respinge tutte le accuse. Ai carabinieri raccontò di essersi brevemente allontanata dall'automobile solo perché la figlia doveva andare in bagno. Quanto ai figli di 3 e 9 anni rimasti in auto, questi secondo la madre erano tranquilli, intenti a giocare con il tablet con il quale il bimbo poteva anche comunicare con i genitori. A fare scoppiare il piccino in lacrime sarebbe stata la presenza di molte persone intorno all'auto. Insomma, secondo la difesa l'intera vicenda sarebbe frutto solo di un malinteso. Il giudice, però, non è stato dello stesso avviso. Secondo l'accusa in realtà l'imputata si era assentata ben più di qualche minuto per accompagnare la figlia sulle piste da sci. «Sotto il profilo della rilevanza penale - si legge in sentenza - dagli elementi in atti emerge un lasso temporale di circa 30 minuti, idoneo a realizzare la messa in pericolo del bene giuridico tutelato». 

Gli argomenti portati dalla difesa non hanno convinto il Tribunale: il fatto che i due bimbi disponessero di un i-Pad e che al più grande fossero state affidate le chiavi dell'auto non «appare sufficiente a scongiurare la messa in pericolo posto che i bambini erano in un piazzale con entrambi i genitori distanti». Anzi, secondo il giudice dalle analisi di tutte le deposizioni agli atti «deve ritenersi che il fatto nella sua materialità sia da ritenere provato». 
Ciò «che il legislatore ha inteso punire - si spiega nella sentenza - non è la durata dell'abbandono quanto la messa in pericolo dell'incolumità di un minore, sicché il reato risulta integrato anche nelle ipotesi di abbandono temporaneo», tutelando la norma «il valore etico-sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo». Pertanto, conclude il giudice, la condotta della donna, consistente nel chiudere i propri figli in macchina con privazione della possibilità di poterne uscire in caso di pericolo o necessità e volontario allontanamento, non può che integrare il reato di cui all'articolo 591 c.p. (abbandono di minorenni, ndr), aggravato per essere il fatto posto in essere dal genitore.

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