Cade dalle scale in stazione e chiede 21mila euro

di Flavia Pedrini

Lo scivolone sulle scale della stazione dei treni si era concluso male: una frattura scomposta ad un osso del braccio e trenta giorni di prognosi. La protagonista, convinta che la caduta fosse stata causata dall’assenza di dispositivi idonei a prevenire simili eventi (anti sdrucciolamento e corrimano), ha presentato denuncia e il «conto» per quell’incidente.

Un conto salato: oltre 21mila euro. A tanto ammontava la richiesta di risarcimento presentata nella querela per lesioni. Sul banco degli imputati è finita la Centostazioni spa, la società di gestione delle stazioni ferroviarie in tutta Italia. Ma il giudice di pace, alla fine, accogliendo la richiesta dello stesso pubblico ministero, ha assolto il rappresentante dell’ente, seppure con la formula «dubitativa», non ritenendo provato dall’istruttoria che potesse sussistere una insidia tale da giustificare con certezza una responsabilità penale dell’imputato. Tanto più che quel giorno la vittima era particolarmente agitata perché doveva sostenere un esame.

La singolare vicenda finita sul tavolo del giudice di pace di Trento risale al gennaio 2016. La vittima, nel percorrere la scala che dall’atrio della stazione porta al sottopassaggio, è scivolata su un gradino, ruzzolando fino al pavimento del sottopasso, procurandosi la frattura scomposta dell’olecrano sinistro (quella parte dell’ulna che forma il gomito). Una caduta che, secondo la parte offesa, non era attribuibile ad una semplice fatalità.

Da qui la chiamata in causa del referente della società Centostazioni spa con delega per per l’organizzazione, programmazione, gestione e controllo, anche in materia di prevenzione degli infortuni e dei danni in relazione ai complessi immobiliari di stazione compresi nel suddetto raggruppamento, accusato di «negligenza, imprudenza imperizia», dal momento che la scala incriminata non era dotata «di dispositivi adeguati ed idonei ad evitare lo scivolamento e la caduta dei pedoni, quali anti sdrucciolamento e corrimano». La parte civile, oltre a chiedere la condanna dell’imputato, ha presentato anche una richiesta di risarcimento per le lesioni subite, pari a 21.700 euro. Ma al termine dell’istruttoria il giudice Antonio Orpello ha ritenuto che non fosse stata accertata la penale responsabilità dell’imputato «al di là di ogni ragionevole dubbio».

Tutti i testi sentiti, infatti, hanno consentito di stabilire «che non c’è una certa situazione di obiettivo pericolo, una insidia, una situazione di pericolo che possa giustificare con certezza una responsabilità penale, una condanna dell’imputato. Le scale in questione - viene evidenziato - sono utilizzate tutti i giorni da migliaia di passeggeri e non sembra che ci sia una concreta situazione di pericolo, un qualcosa che abbia determinato un inciampo, una sicura insidia che avrebbe comportato la caduta della persona offesa». Il giudice ricorda poi che «la persona offesa era “agitata” perché avrebbe dovuto fare un esame e che non si era resa conto di quello che le era accaduto. “Era più la preoccupazione per andare a fare l’esame che per il dolore...”», si legge.

Dalle testimonianze è emerso che «le strisce antiscivolo si trovano attualmente in un ottimo stato di conservazione e anche il grip tipico di queste strisce è ancora molto alto e molto performante attualmente». Certo, la testimonianza di un tecnico, che aveva fatto riferimento ad «un paio di casi analoghi» e ad un «rischio di inciampi», legato magari all’apprensione di correre a prendere il treno, aveva insinuato qualche dubbio in ordine ad una possibile responsabilità dell’ente. Ma lo stesso aveva poi escluso che la caduta potesse essere stata causata da sporcizia sulla scala.

E così alla fine il giudice ha ritenuto che l’imputato andasse assolto «con la formula dubitativa», perché il fatto non sussiste.

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