Copia la tesina per il dottorato Ricercatore condannato

di Marica Viganò

Copiare dal vicino di banco ed essere scoperti dal prof è uno dei momenti più imbarazzanti per uno studente. Ma una figuraccia ancor peggiore l’ha fatta un trentenne pugliese che voleva specializzarsi presso l’Università di Trento, tentando di superare la selezione con un elaborato che non era opera sua. Testo «che è risultato totalmente copiato da quello di due pubblicazioni scientifiche che il predetto “saccheggiava” senza citarle», come evidenziato nel capo di imputazione.
Scoperto dalla commissione esaminatrice, il candidato è finito davanti al giudice ed è stato condannato con rito abbreviato ad un mese e dieci giorni di reclusione. Trattandosi di una persona che non ha mai avuto in passato problemi con la giustizia, la pena è sospesa.
I fatti risalgono alla scorsa estate. Lo studioso aveva presentato l’elaborato - una proposta di progetto di ricerca - come una propria «fatica» nell’ambito del concorso per l’ammissione al 33esimo ciclo del corso di dottorato di ricerca in Scienze cognitive. Aveva spedito la tesina tramite procedura informatica, come previsto. Fin qui, tutto a posto. È stato alla lettura dello scritto che i membri della commissione si sono accorti che i contenuti dell’elaborato erano simili a quelli presenti in due testi scientifici, non citati. Per questo motivo il voto non è stato positivo, e conseguentemente il candidato non ha potuto proseguire la selezione sostenendo l’orale. Insomma, la copiatura gli ha precluso la possibilità di accedere al corso.
A denunciare l’accaduto è stata l’Università di Trento, nella persona dell’allora responsabile della Direzione didattica. A prova delle accuse sostenute erano stati presentati l’elaborato del candidato e gli articoli originali, per un confronto. Come emerso nel corso delle indagini, i due testi erano troppo simili per ipotizzare una casualità. È vero che la tesina non era firmata dal soggetto che l’aveva prodotta, perché inviata con procedura informatica, ma è stato appurato che la documentazione era da attribuire senza dubbio al candidato. L’imputato si è opposto ad un decreto di condanna, pari a 4.500 euro in sostituzione di una pena di due mesi di reclusione, preferendo chiarire la propria posizione in aula. Venerdì scorso il giudice Giovanni De Donato ha emesso la sentenza di condanna.

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