Muse, realtà aumentata per animare i dinosauri

di Jacopo Strapparava

I dinosauri prendono vita, al MUSE. Non è un film di Hollywood, né lo strano effetto di eccessive libagioni, come potrebbe sembrare. Si parla di scienza e tecnologia, piuttosto. E nello specifico dei prodigi della «realtà aumentata», la tecnica d'avanguardia che sarà impiegata in un nuovo percorso espositivo del museo di scienze di Trento, e che verrà presentata al pubblico durante «il compleanno», la grande festa prevista alle Albere per questo venerdì.
«Avete presente Pokemon Go?» racconta Davide Dalpiaz, un biologo dello staff che ha seguito l'iniziativa, ricordando la app per la caccia ai Pokemon che spopolava in tutto il mondo un paio di estati fa. «Ecco, quella era realtà aumentata».
Infatti, un po' si faceva con la app dei mostriciattoli tascabili giapponesi, basterà puntare una specie di game-boy sugli scheletri dei dinosauri al piano meno uno del museo per vederli animarsi in 3D sullo schermo. E quindi - questa è l'idea - capire quali aspetto avessero e come si muovevano. 

«La geolocalizzazione all'esterno, per la strada per esempio, avviene grazie a un satellite che invia la nostra posizione al cellulare - spiega Dalpiaz - Ma il satellite all'interno degli edifici non arriva. Infatti, quella del Muse è una tecnologia che permette al telefono di «riconoscere» l'ambiente circostante».  

L'aggeggio che avrete per le mani - quella specie di game-boy di cui si accennava - è in realtà un sofisticato Lenovo, poco più grande di un telefono, poco più piccolo di un tablet, dotato di supersensori e incastonato in un'intelaiatura di plastica trasparente. Il sistema informatico, invece, si chiama visual positioning service (pressapoco, "servizio di video-posizionamento"): è basato su un brevetto esclusivo di proprietà di Google ed è stato sviluppato dalla GuidiGO, società basata a San Francisco e specializzata nell'uso della realtà aumentata per rendere più spettacolari le visite dei musei.
«Siamo il primo museo in Italia ad avere un sistema di questo tipo», dice ancora Dalpiaz. Ma il Muse non è nuovo a questo tipo di iniziative, all'uso della tecnologia, e a un approccio alle visite «immersivo» (così immersivo che «si prega i visitatori di non toccare gli animali e i modelli di uomini preistorici», ricorda una voce elettronica). 

Già da anni, per dire, il museo offriva una visita guidata su iPad, con l'app «ExploraMuse». «Ma questa è un'esperienza completamente nuova, pensata per un pubblico di ragazzini». Poi, certo, non è detto che gli adulti non si lancino anche loro. Inoltre, l'app tornerà buona anche per il «Big Void», lo spazio al centro dei quattro piani dove sono appesi gli animali impagliati, per cui non era stato possibile inserire le didascalie.
Sorge un dubbio, tuttavia. Con tutta questa tecnologia, non si rischia di rovinare l'aspetto culturale della visita? Non è meglio guardare gli scheletri dei dinosauri, invece che i loro modelli 3D su uno schermo? «Quello che è offriamo è semplicemente un servizio in più, non toglie niente alla visita tradizionale» rispondono pronti al MUSE. Non è dato invece sapere come hanno reagito i dinosauri. Ma una certa età ce l'hanno: è probabile che stiano con i tradizionalisti.

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