«Nessun operatore sanitario si è dimenticato di Sofia»

di Denise Rocca

All'indomani del racconto alla stampa della famiglia della piccola Sofia Zago, morta a 8 anni di malaria dopo essere stata ricoverata al S.Chiara, il dirigente generale dell'azienda sanitaria Paolo Bordon e il direttore dell'Unità operativa di pediatria Annunziata Di Palma rispondono alle accuse mosse dai genitori della bambina.  

Vicenda penale ancora in corso - al registro degli indagati è iscritta un'infermiera -, la questione dell'indennizzo economico chiusa, passati 11 mesi dalla tragedia che ha travolto la loro famiglia, Francesca Ferro e Marco Zago hanno espresso tutta l'amarezza che hanno nei confronti dell'Azienda sanitaria: «Ci hanno lasciati soli e non hanno risposto alle nostre richieste di incontro» hanno detto.  

Paolo Bordon , dirigente generale dell'Azienda sanitaria, spiega: «La morte di Sofia è stata un dramma anche per gli operatori sanitari e non è stata vissuta in alcun modo a cuor leggero da parte della nostra pediatria, degli operatori sanitari e di tutti noi. Da subito è stata avviata una rigorosa inchiesta interna, i contatti sono stati costanti fra gli uffici legali e alcuni dei nostri operatori hanno tenuto contatti con la famiglia stessa».  

È Annunziata di Palma , in una nota, a portare la voce dell'Azienda sanitaria: «Nessun operatore in Pediatria, in Ospedale e in Azienda si è messo alle spalle e ha dimenticato la storia di Sofia - scrive - tutti, ciascuno nel proprio ruolo, abbiamo continuato ad interrogarci per cercare di capire come possa essersi verificato il contagio. Siamo consapevoli del delicato compito che abbiamo scelto e della enorme responsabilità che tutti i giorni ci assumiamo: la cura dei nostri bambini e il sostegno alle loro famiglie». E ancora: «È vero che sul piano umano è stato scelto di mantenere un profilo un po' defilato ma non per imbarazzo o per distanza emotiva ma semplicemente per rispetto del profondo dolore che queste persone stavano vivendo e per il timore di essere invadenti e di sollecitare con la nostra presenza un dolore che non aveva proprio bisogno di essere rinnovato. Avevamo anche la preoccupazione che una vicinanza ostentata da parte nostra potesse essere mal interpretata. Io personalmente ricordo di aver incontrato la mamma di Sofia e breve distanza dalla morte della bimba, in quell'occasione ho avuto modo di comunicarle tutto il nostro dolore e la vicinanza di tutto il reparto».

La famiglia della piccola Sofia Zago ha raccontato di tante iniziative in memoria della loro piccola e di voler intavolare con l'Azienda sanitaria un dialogo sulle procedure operative, per evitare che in futuro tragedie come quella loro accaduta si ripetano: «Ieri (giovedì per chi legge) ho ricevuto una nota dei legali della famiglia che presentavano alcune questioni ? conferma Bordon - Su questo devo dire che le procedure sono state valutate nell'immediatezza del fatto, con i massimi esperti nazionali, in coerenza alle linee guida delle procedure internazionali e sono corrette. C'è stato un errore, ma nessuno di noi ha elementi certi per capire cosa è avvenuto, questo è appunto il lavoro difficile degli investigatori che è in corso con le indagini che non sono ancora chiuse e quindi per rispetto del lavoro degli inquirenti non voglio commentare». Di Palma ricorda l'iter d'indagine sul reparto: «Ci siamo sottoposti con piena collaborazione alle commissioni di indagine attivate dai vari livelli istituzionali: agli ispettori ministeriali, alla commissione attivata dall'Apss, all'indagine dei Nas e della magistratura - scrive Di Palma - nella speranza che potessero emergere elementi chiarificatori su quanto accaduto importanti per noi per dare una risposta definitiva alla famiglia e utili per affrontare con sicurezza e serenità eventuali ulteriori casi simili [...] Chi ha svolto le indagini in più sedi e occasioni ha specificato che non sono state trovate brecce e lacune nelle procedure adottate».

INFERMIERA INDAGATA 

Nei mesi scorsi la procura di Trento ha chiuso le indagini sulla morte della piccola Sofia ( in foto ). L'avviso di deposito degli atti era stato notificato ad un'infermiera del reparto di pediatria del Santa Chiara, dove sarebbe avvenuto il contagio. 
Il contatto ematico, secondo quanto ricostruito dal pm Marco Gallina e dagli investigatori del Nas, sarebbe avvenuto il 17 agosto. Quel giorno in pediatria vennero fatti nove prelievi del sangue, compresi quelli di Sofia e della bimba africana affetta da malaria. Di prassi ai bambini al momento del ricovero viene inserito l'ago-cannula per l'eventuale somministrazione di terapie, per flebo o prelievi del sangue. Il contagio - questa è l'ipotesi - sarebbe avvenuto attraverso quest'ultima operazione: dopo il prelievo, l'ago-cannula potrebbe essere stato pulito con una siringa di soluzione fisiologica utilizzata prima per la bimba africana infetta e poi per Sofia. Ma c'è anche l'ipotesi di un possibile doppio utilizzo di un guanto usa e getta.
L'indagata, assistita dagli avvocati Alessandro Melchionda e Giuliano Valer, deve rispondere di omicidio colposo, un'accusa che la donna respinge sottolineando di aver utilizzato per i prelievi di sangue solo materiale monouso e nel pieno rispetto dei protocolli.
Nelle prossime settimane la difesa presenterà una memoria.

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