Ndrangheta, la pista dei soldi trentini Dia, nel mirino 600 operazioni sospette

di Domenico Sartori

Spunta anche Trento nella relazione del Ministero dell'Interno al Parlamento sull'attività della Direzione investigativa antimafia del secondo semestre 2017, resa pubblica nei giorni scorsi. Trento è citata nell'ambito della maxi operazione «Mandamento Jonico 2» che ha decapitato decine di esponenti della 'ndrangheta. Dalla relazione emerge anche che, nell'ambito dell'attività di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, il Trentino Alto Adige presenta un discreto numero di operazioni sospette che hanno direttamente a che fare con la criminalità organizzata o che sono riconducibili ai cosiddetti «reati spia», o «sentinella», legati in qualche modo alla criminalità economica organizzata. Danneggiamenti e/o incendi a beni o patrimoni, estorsioni e minacce nei confronti di persone fisiche e imprese: sono questi i «reati spia», indicatori del malaffare organizzato. 

Una regione «appetibile».
La relazione della Dia è istruttiva: una fotografia aggiornata dell'Italia criminale, che non ha confini di regione e di stato. «Il Trentino Alto Adige, pur essendosi dimostrato, negli anni, poco permeabile alle infiltrazioni della criminalità organizzata, resta comunque un'area appetibile per possibili attività di riciclaggio». Il passaggio della relazione della Dia conferma le parole che il procuratore aggiunto antimafia, Giovanni Russo , ha speso intervenendo nel marzo scorso a Trento all'insediamento del nuovo procuratore della Repubblica, Sandro Raimondi : «Pensiamo che non esistano terre di mafia e non di mafia. Ci sono terre dove la criminalità si manifesta in modo vistoso e violento, ci sono altre terre dove la criminalità mette a frutto le sue attività economiche. Il Trentino è territorio su cui tenere i fari accessi» disse Russo, spiegando che «ci sono delle indagini in corso».
Il blitz del 27 luglio 2017.
La relazione della Dia cita l'operazione «Mandamento Jonico 2» del 27 luglio 2017, condotta nei giorni successivi al blitz del 4 luglio precedente, quando i Carabineri del Ros (Raggruppamento operativo speciale), tra Reggio Calabria, Roma, Milano e Genova, fermarono 116 persone. «Mandamento Jonico 2» è stata condotta a «Reggio Calabria, Vibo Valentia, Ancona, Bologna, Messina, Trento e Lecce» spiega la Dia, ricordando che «sono stati eseguiti 8 provvedimenti cautelari che hanno convalidato vari segmenti del precedente provvedimento di fermo, eseguito in circondari diversi da quello del tribunale di Reggio Calabria, applicando la custodia cautelare a 57 soggetti e quella degli arresti domiciliari a 18 soggetti; è stata altresì disposta una nuova misura cautelare in carcere a carico di ulteriori soggetti indagati per associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravati dal metodo mafioso».
La strategia del «basso profilo».
Già la relazione della Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi , aveva confermato la presenza della 'ndrangheta in regione ( l'Adige del 24 febbraio, ndr). Seicento pagine di report in cui si spiega che «In Trentino Alto Adige, pur non evidenziando radicamenti di organizzazioni mafiose, sono stati individuati soggetti contigui ai gruppi criminali, che si sono inseriti nel nuovo contesto socio economico e, operando direttamente o tramite prestanome, hanno investito risorse di provenienza illecita». Persone che mantengono «un basso profilo» e, specificava Rosy Bindi, sono «autori di reati economico-finanziari, come la bancarotta fraudolenta nei settori dell'edilizia e dello sfruttamento della cave di porfido, di truffa e di sfruttamento illegale della manodopera».
L'occhio sulle attività sospette.
Il «basso profilo» è direttamente legato alle attività sospette che la Dia ha registrato tra luglio e dicembre 2017 anche in regione. La Dia analizza, in collaborazione con il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, le operazioni finanziare sospette inviate dall'Uif, l'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia. L'incrocio dei dati mediante interrogazioni «multiple» è fondamentale per l'attività di prevenzione e investigativa. È da questi che è emerso il quadro riferito da l'Adige il 14 luglio scorso: nel 2017, i trentini e altoatesini facoltosi hanno portato nei paradisi fiscali, dalla Svizzera a Hong Kong, dagli Emirati Arabi al Principato di Monaco, 440 milioni di euro. Con un balzo delle operazioni sospette arrivato a quota 1.210 in regione ( 635 in Trentino). La Dia «arricchisce» ora questi dati, spiegando che in regione, nel secondo semestre 2017, ci sono state 177 operazioni relative a Sos (segnalazioni di attività sospette) attinenti alla criminalità organizzata e 444 operazioni riguardanti Sos relative a «reati spia». In totale, 621 operazioni sospette (l' 1,40% a livello nazionale), meritevoli di essere indagate e vigilate per la loro possibile contiguità con l'attività criminale. La Dia segnala poi che l'analisi sulle operazioni sospette conferma che la maggior parte è stata effettuata da banche e enti creditizi ( 71% ), mentre è poco significativo il contributo dei professionisti ( 5% ), tra i quali la quasi totalità delle segnalazioni arriva dati notai ( 97% ), in via residuale dagli avvocati ( 2% ) e dai commercialisti ( 1% ).

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