Al ricco «cliente» sparisce il rolex dai pantaloni Travestito prima accusato e poi assolto

Giustizia è fatta. A conclusione di un complesso procedimento giudiziario, un travestito accusato di furto di Rolex e tentata estorsione è stato assolto da tutte le accuse. Il furto è da attribuire ad un altro sudamericano che assomiglia al primo indagato ma tra i due c’è una differenza radicale: il primo (l’innocente) è un uomo vestito da donna il cui seno è finto; il secondo (la persona verso cui ora si sono orientate le indagini) è un transessuale con un seno (e non solo) vero. Citiamo questi dettagli di natura sessuale perché alla fine sono risultati decisivi per attribuire le responsabilità penali.

Per capire i contorni della curiosa vicenda occorre fare un passo all’indietro e tornare al marzo del 2017. Attraverso un sito di annunci gratuiti, un facoltoso uomo trentino si accorda per una prestazione sessuale in una casa a Trento. La prestazione richiesta viene eseguita e regolarmente pagata. Il problema sorge subito dopo, quando il cliente chiede di poter fare una doccia. All’uscita dal bagno il suo Rolex non è più nella tasca dei pantaloni. Il trans ammette di aver preso il prezioso orologio. È disponibile a restituire il Rolex , dietro il pagamento di un «riscatto» di 2.000 euro. Il cliente, spiazzato per l’imprevisto epilogo della serata, accetta. Esce di casa per reperire il denaro, ma si dirige verso la Questura dove racconta di essere stato vittima di un furto e poi di un tentativo di estorsione. Ma quando al polizia interviene, il trans è sparito e neppure può essere rintracciato perché la casa è un porto di mare, utilizzata da più persone per prestazioni varie.

Le indagini sembrano imboccare la via giusta quando la vittima riconosce la foto segnaletica del presunto responsabile, un sudamericano che viene denunciato. Per l’indagato, in realtà innocente, inizia un lungo calvario giudiziario: a causa del procedimento penale in corso gli viene negato il rinnovo del permesso di soggiorno. Per fortuna l’avvocato d’ufficio prende a cuore la difesa. Si scopre che l’indagato nel giorno del furto del Rolex era ricoverato in un ospedale del Veneto. L’alibi però non basta ancora. L’indagato indica alla polizia il nome del probabile responsabile, un trans anche lui sudamericano che assomiglia al travestito.

La sua foto viene dunque sottoposta alla vittima insieme ad altre immagini, ma l’uomo ancora una volta riconosce il primo indagato il cui alibi a questo punto traballa. La difesa replica facendo un passo pericoloso ma decisivo; chiede al giudice il confronto in aula tra indagato (nel frattempo diventato imputato) e la parte lesa. Il cliente osserva il travestito e, senza esitazioni, dice che non è lui il ladro del Rolex con cui aveva avuto una prestazione sessuale a pagamento. La conferma viene anche da una perizia di un ginecologo e sessuologo che accerta come l’imputato non sia un transessuale come indicato dal cliente, ma un uomo vestito e con fattezze da donna. Il travestito viene finalmente assolto, ma il caso non finisce qui: il giudice ha trasmesso gli atti per procedere contro il transessuale.

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