Boom dei lavoratori in nero in Trentino Aumento del 23% e 2,5 mln di contributi non versati

Nel 2017 aumentano i lavoratori in nero e irregolari scoperti dagli ispettori dell’Inps. E alle circa 200 aziende in cui sono state trovate irregolarità vengono chiesti 2,5 milioni di euro di contributi non versati. È il bilancio, a grandi linee, dell’attività ispettiva dell’Inps per l’anno scorso che ha visto un incremento del «nero» e dei lavoratori pagati in maniera non completamente regolare, ad esempio perché assunti per svolgere una funzione inferiore rispetto a quella svolta e quindi pagati meno di quanto dovuto. I lavoratori in nero sono infatti passati dagli 86 del 2016 ai 106 scoperti nel 2017 (+23%), mentre i lavoratori irregolari (con versamenti non completi o parte del salario in nero o non adeguato alla funzione) sono stati in totale 288 contro i circa 200 del 2016 (+44%).

I controlli hanno riguardato nel 2017 362 aziende di tutti i settori, con verifiche mirate. Lo spiega il direttore regionale dell’Inps, Marco Zanotelli: «In passato si facevano anche 800 controlli e verifiche - afferma - ma non erano mirate. Oggi ne facciamo meno ma, grazie ad azioni di analisi precedente e alla collaborazione con la magistratura, compiamo interventi che sono maggiormente capaci di rilevare le irregolarità presenti nelle imprese».

Rispetto al passato, tra l’altro, l’attività riguarda non solo il Trentino ma anche le regioni vicine come Lombardia e Veneto. «Il coordinamento con le esperienze delle procure di Milano e Verona - spiega Zanotelli - ci permette di capire quali sono gli espedienti utilizzati dalle aziende o se ci sono imprese con sede all’esterno della provincia e che hanno attività fittizie in Trentino e quindi di intervenire in maniera più mirata e capace di scoprire se ci sono delle irregolarità».

Un coordinamento che ormai è necessario perché le indagini sono molto più complesse rispetto al passato, e necessitano di tempi e di raccolta di dati molto più ampia per poter arrivare a un risultato efficace.

In ogni caso, secondo i dati dell’Inps, nel 2017 una parte dell’aumento del lavoro irregolare è dovuto anche all’addio del sistema dei voucher: «Il loro utilizzo - afferma Zanotelli - era diventato troppo estensivo e era arrivato a coprire una serie elevatissima di attività, con un problema anche per la contribuzione previdenziale che veniva ridotta dal loro uso». Ma certo «alcune attività marginali che erano coperte dai voucher hanno fatto ricorso ad attività non regolari» mette in chiaro Zanotelli, anche se rispetto ad altre regioni italiane, si tratta di un fenomeno molto limitato, come dimostra il fatto che in Trentino dopo l’abbandono del sistema dei voucher è cresciuto molto il ricorso ai contratti a tempo determinato, in particolare quelli intermittenti e a chiamata.

L’attività del 2017 ha visto un indice di irregolarità di circa il 60%, visto che su 362 aziende visitate circa 200 sono risultate avere dei problemi. Per quanto riguarda i settori in cui sono state rilevate maggiori irregolarità contributive sono stati il commercio, il turismo, l’edilizia e i trasporti, mentre si è verificato un calo nel comparto dell’agricoltura.

In totale, sottolinea l’Inps, l’anno scorso sono stati contestati 2,5 milioni di euro di mancata contribuzione, dovuti per i 106 lavoratori completamente sconosciuti (in nero) e i 288 che invece sono risultati irregolari.

Il contrasto all’evasione contributiva, tra l’altro, consente di evitare anche che ci sia una situazione di precarietà anche per quanto riguarda la sicurezza e di colpire aziende che normalmente danno problemi anche dal punto di vista del fisco.
«Abbiamo visto - conclude Zanotelli - che quando un’azienda presenta problemi sul fronte dei contributi previdenziali, ne ha anche sul piano degli infortuni sul lavoro e anche nei confronti dei versamenti dei tributi dovuti».

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