Paolo e Orso sono una «famiglia» inseparabile Niente confisca del cane: il padrone patteggia

«È confermato in prigione non vado! Grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato in questo anno di sofferenza e ansia. Un grande grazie ancora a Matteo Pallanch - l’avvocato - che mi ha aiutato in questa situazione. Orso: anche questa volta non ci hanno divisi!». Il ringraziamento Paolo Beber - volto noto in città e sul web (il post ha ricevuto 250 like in un paio d’ore) per il suo attaccamento al Rottweiler Orso, la sua famiglia - lo ha postato ieri mattina subito dopo aver saputo che la sua ultima disavventura giudiziaria si era conclusa bene: pena di 4 mesi di reclusione, modesta alla luce dei numerosi capi di imputazione contestati; sospensione condizionale della pena e dunque nessun rischio di finire in carcere; evitato anche il pericolo di confisca e crudele separazione dal cane Orso. Di più l’imputato non poteva sperare.

Il bagaglio di imputazioni collezionato da Paolo Beber, persona dal carattere talvolta ruvido e dalla lingua tagliente, era pesante. A processo era arrivato con sette capi di imputazione relativi a tre diversi episodi, poi confluiti in un unico fascicolo penale. Il primo risaliva al 19 marzo del 2017 quando, in Bolghera, Beber era intervenuto, secondo l’accusa aizzando il cane, contro due ragazze rom con cui aveva avuto un battibecco. Sul posto erano intervenuti i carabinieri. Ne era nato un parapiglia con denuncia per minaccia e violenza a pubblico ufficiale. Il 27 maggio 2017 Beber faceva il bis: quel giorno venne coinvolto in una discussione sorta nel corso di un trasloco presso un’abitazione attigua a quella in cui abita: le accuse erano di minacce e lesioni perché Orso avrebbe morso alla mano uno dei traslocatori. L’ultimo alterco finito nello stesso procedimento penale risaliva al 6 giugno. Beber collezionava una nuova imputazione di violenza e minaccia a pubblico ufficiale perché si era opposto ai carabinieri che eseguivano il sequestro preventivo del cane Orso disposto dal giudice (e poi revocato dal Tribunale del Riesame che accolse il ricorso dell’avvocato Pallanch).

Per il legale di Beber una difesa in fatto sarebbe stata un suicidio. L’avvocato Pallanch ha preferito ridurre l’impatto di una pena che - anche alla luce di qualche datato precedente - rischiava di essere pesante e soprattutto senza il beneficio della sospensione condizionale. Decisivo è stato il risarcimento alle parti offese. Grazie agli amici di Facebook, dove Beber è molto seguito, sono state raccolte diverse centinaia di euro. Questo ha permessi di costituire un fondo con cui sono stati risarciti i singoli carabinieri, l’Arma e il trslocatore morso alla mano. A quel punto la strada per un patteggiamento al minimo era tracciata: 4 mesi, senza reali conseguenze sull’imputato. Certo ora Beber, e il suo inseparabile cane Orso, deve rigare dritto: se dovesse finire di nuovo nei guai, per uscirne indenni non basterebbero più la generosità degli amici di Facebook e l’impegno del suo avvocato difensore.

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