Asili nido: a casa dopo anni di precariato

Da anni la procedura era sempre la stessa. Assunzioni a tempo determinato nei nidi del Comune di Trento per l’tutto l’anno educativo (da fine agosto a fine luglio successivo) o per un certo numero di mesi per coprire le assenze dovute a vari motivi e poi la quasi certezza di essere richiamate a breve distanza.

Ora per un gruppo 46 persone, prevalentemente donne, educatrici, cuochi/e, addetti/e d’appoggio, non sarà più così e per questo, con l’appoggio della Fp Cgil,  hanno deciso di scrivere una lettera aperta al presidente Ugo Rossi affinché si prenda a cuore la loro situazione. «Per molti anni della nostra vita abbiamo svolto la professione di educatrici, cuochi/e e addetti/e d’appoggio nei nidi gestiti in forma diretta (nello specifico al Comune di Trento) sempre a tempo determinato, con assunzioni annuali a copertura dell’intero anno educativo oppure per periodi più brevi, in sostituzione di colleghi/e assenti con diritto alla conservazione del posto (maternità, malattie, aspettative, ecc.) oppure assunzioni dovute a sostegno ai bambini con bisogni educativi speciali (B.E.S.).

Siamo quindi lavoratori/lavoratrici che hanno garantito, nel corso degli anni, l’erogazione del servizio educativo dell’ente pubblico, con professionalità e competenza; siamo lavoratori sui quali il Comune e la Provincia hanno investito in termini di formazione, sostenendo i relativi costi, per garantire la qualità e la soddisfazione degli utenti/cittadini (quest’ultima riconosciuta con una percentuale superiore al 90% di pareri positivi da parte degli stessi)».

E fino a qui tutto bene.
«Da parte nostra l’impegno è sempre stato costante e possiamo affermare che il nostro lavoro è qualcosa in più di un semplice lavoro, ha come principale attività la relazione con i bambini ma anche con i loro genitori e con il territorio, è quindi un interagire con più soggetti avendo come principale obiettivo il benessere fisico ma soprattutto psicologico dei piccoli, benessere inserito in un progetto più ampio che mira alla formazione degli adulti di domani. Tutti gli studi recenti confermano, infatti, che i primi tre anni di vita sono fondamentali per la costruzione della personalità e questo dà l’idea di quanto questo lavoro sia importante per i bambini, i loro genitori, ma anche per la società tutta».

Ma l’applicazione delle norme del jobs act che impongono il termine di 36 mesi quale limite ai rapporti di lavoro a tempo determinato ha di fatto chiuso la possibilità a queste donne di poter tornare a lavorare. «Tale termine è stato ampiamente superato dalla maggior parte di noi, in taluni casi abbondantemente (parliamo di lavoro a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro che in taluni casi supera largamente i 20 anni»). Che ne sarà di noi, lavoratori/trici tendenzialmente ben oltre i 45 anni anagrafici e comunque ancora lontane della pensione, con una specializzazione difficilmente spendibile, si chiedono le lavoratrici.

«Ci viene detto che è in corso una stabilizzazione del personale dei nidi e scuole d’infanzia. Bene, per alcune di noi ci sarà il tempo indeterminato, ma ciò non potrà riguardare tutto il personale (a tempo determinato) di cui necessita il Servizio Educativo per il buon funzionamento: perché?
Perché, stante la peculiarità del servizio educativo, non tutti i posti possono essere stabilizzati e il Comune, al fine di garantire l’erogazione del servizio educativo, anche in futuro non potrà esimersi dal ricorrere alle assunzioni a tempo determinato».
Le lavoratrici chiedono all’ente pubblico di riuscire a trovare una soluzione per quelle persone che hanno investito la loro vita lavorativa nell’erogazione di un suo servizio così importante.



LA TESTIMONIANZA: «ORA COME PAGO L’AFFITTO?»

«Sono un’educatrice per il Comune di Trento e lavoro nei nidi dal 2008». A parlare è una delle tante lavoratrici che a fine luglio, salvo deroghe, dovrà smettere, suo malgrado, di prestare lavoro in queste strutture.

«Ho iniziato a lavorare nei nidi dopo il concorso che il Comune di Trento aveva indetto nel 2008. Era per assunzioni a tempo indeterminato, non lo superai, ma da quel momento iniziarono a chiamarmi. La telefonata è sempre arrivata a fine agosto, solitamente inizio il 27-28 agosto e poi termino a fine luglio. Nel mese di agosto per tre settimane sono a casa in disoccupazione».
Questa lavoratrice di 39 anni, che ha un figlia e vive da sola in un appartamento in affitto, preferisce che non venga scritto il suo nome perché teme ripercussioni. «Ho cambiato tanti nidi e negli ultimi anni faccio l’educatrice Bes. Per i bambini con problemi il Comune assicura la continuità educativa e quindi negli ultimi due anni sono rimasta nella stessa struttura».

Ma per questa lavoratrice come per le altre, il problema non è la sede, se il posto da occupare è a Trento Centro o a Gardolo, se a Mattarello o Povo.

«Certo, fino ad ora non avevo la certezza matematica che mi avrebbero chiamato ma io ero tranquilla perché accadeva ogni anno. Altrimenti non avrei mai potuto mantenermi, avere una casa.  Il problema è  iniziato nel 2016 quando si è iniziato a parlare di limiti, di numero di mensilità massime. Io ho di gran lungo superato tutti i limiti e come me molte altre colleghe che sono vent’anni che lavorano così».
In questi dieci anni quest’educatrice ha provato a superare vari concorsi, anche l’ultimo di quest’anno. «E tutto sommato è andato anche bene. Su 480 partecipanti sono arrivate nelle prime 30, ma il problema è che assumono le prime dieci e io sono ancora una volta fuori».

E adesso? Questa lavoratrice e le sue colleghe sperano in una deroga per questo settore.

«Alla mia età nemmeno le cooperative mi prendono. Optano per le ragazze appena uscite dalla scuola e con la laurea. Io ho il diploma e baby life. Se non posso più fare quello che ho fatto fino adesso devo cercare tutta un’altra occupazione. Intanto vado davanti fino al 31 luglio lavoro, poi da agosto vedremo. Sono preoccupata, ma fino all’ultimo continuerà a sperare che qualcuno capisca la nostra posizione».

   

comments powered by Disqus