Morti per l'amianto, processo da rifare

Processo amianto, tutto da rifare. O meglio, è da rifare la perizia. Ieri, nel processo d’appello per la morte di Francesco Fasanelli e Innocenzo Cappelletti, ex operai Rheem Radi, la Corte ha deciso di vederci chiaro. Ed ha accolto l’istanza della procura generale e delle parti civili (avvocati Giovanni Guarini e Alessio Giovanazzi) perché venga attualizzata la perizia che ormai risale a qualche anno fa. Il motivo? Una recentissima sentenza della Cassazione, che prende atto di un convegno di Helsinki, in cui i massimi esperti del settore «sposano» la tesi del mesotelioma come malattia dose correlata. Significa cioè che uno ha tanto più possibilità di ammalarsi quanto più è stato esposto all’asbesto.

Dal punto di vista giuridico, la differenza è immane, perché significa che non c’è un momento in cui ci si ammala, non c’è una dose killer. E quindi non è necessario capire il momento esatto in cui il mesotelioma si è sviluppato (l’insorgenza è un’altra cosa, spesso arriva dopo 30, anche 40 anni), per capire chi ne ha responsabilità.
Ecco perché la corte ha deciso di far attualizzare la perizia scritta all’epoca dal professor Claudio Bianchi, alla luce di questi fatti. In sintesi, l’appello di ieri ha riaperto i giochi.

Quello di ieri è l’ennesimo colpo di scena di una vicenda lunga che ha avuto, dal punto di vista giudiziario, un percorso piuttosto accidentato. I fatti sono certi: due operai dell’allora Rheem Radi, Francesco Fasanelli e Innocente Cappelletti, dopo una vita di lavoro nello stabilimento roveretano, si sono ammalati. Per entrambi, la medesima diagnosi, che è sempre anche una condanna senza appello: mesotelioma pleurico. Un tipo di tumore, cioè, che coinvolge la pleura (la membrana che avvolge i polmoni) e che è strettamente legato all’esposizione alle fibre di amianto.

Fin qui i fatti.

Da quei fatti la procura roveretana ha avviato un’inchiesta. Perché entrambi gli operai erano stati sottoposti all’amianto - secondo la tesi accusatoria - mentre lavoravano alla Rheem Radi. Uno, Faanelli, in modo più evidente: era responsabile della squadra di manutenzione. Suo il compito, a cadenza regolare - e a fabbrica chiusa - di sostituire le guarnizioni dei forni che scaldavano i prodotti verniciati. L’altro, Cappelletti, era nel reparto assemblaggio. Ecco perché la procura aveva chiesto il processo, per omicidio colposo, a carico di Domenico D’Angelo, Valerio Fedeli e Francesco Merloni, in epoche diverse legali rappresentanti dell’azienda. Perché - questa la tesi - in fabbrica veniva usato l’amianto, senza protezioni, nonostante in quegli anni si conoscesse la pericolosità di quel materiale. Al primo processo ci si è arrivati con fatica: una prima udienza Gup aveva portato al proscioglimento, impugnato in Cassazione dalla Procura Generale, che aveva rinviato le carte al secondo Gup, che aveva rinviato a giudizio. E finalmente, per la prima volta a Rovereto, si è parlato in un dibattimento pubblico di amianto in fabbrica.


In primo grado i colleghi di lavoro dei due operai avevano chiarito tutti lo stesso concetto: in quello stabilimento non c’erano grandi precauzioni circa l’asbesto. Si toccavano a mani nude le guarnizioni senza mascherine con il filtro, si trapanavano e tagliavano fogli senza protezioni né aspirazioni nella stanza, gli scarti di produzione restavano nei locali per giorni e venivano spazzati via con una scopa e buttati nell’immondizia comune. Una ricostruzione contestata dalla difesa - che ha parlato di guarnizioni senza amianto e di acquisti che i manutentori avrebbero fatto senza informare la dirigenza - ma ribadita dai testimoni.


Al termine del processo, però, a contare sono state le date: il mesotelioma pleurico ha un periodo d’incubazione lunghissimo, anche trent’anni. E i tre manager portati a processo erano stati i legali rappresentanti dello stabilimento dall’85 in poi. Secondo il giudice Carlo Ancona, non potevano essere ritenuti responsabili di quanto accaduto ai due operai, presumibilmente ammalatisi in tempi più risalenti nel tempo. Ieri l’appello. Che riapre i giochi. Ma lo farà con un nuovo perito: nel frattempo il professor Claudio Bianchi è venuto a mancare. Il 20 giugno sarà dato l’incarico all’esperto.

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