Uccise l'amico a caccia Ha patteggiato un anno «Lo avevo scambiato per un ungulato»

Ha patteggiato la pena di un anno Luigi Da Rin D'Iseppo, l'uomo di Darè che, nel settembre dello scorso anno, durante una battuta di caccia nei boschi di Vigo Rendena, colpì a morte Michele Penasa di 70 anni. La vicenda giudiziaria, sul piano penale, si è chiusa ieri davanti al giudice Claudia Miori con un accordo tra l'avvocato della difesa Mauro Bondi e il pm Marco Gallina. L'accusa nei confronti dell'uomo era di omicidio colposo.

Una pena che non soddisfa i familiari della vittima che avevano chiesto al gup un approfondimento delle indagini in quanto molti particolari sulla dinamica risultano a loro ancora dubbi. Nella lunga memoria difensiva dell'avvocato Paolo Mazzoni che difende la moglie della vittima e il figlio Fabiano vengono infatti rilevati una serie di elementi da chiarire come l'ora dell'incidente, l'esatta dinamica, chi e come ha dato l'allarme e soprattutto le persone che si trovavano in zona. Ora la battaglia proseguirà in sede civile per il risarcimento del danno.

L'incidente di caccia mortale - ricordiamo - era stato causato da un tragico errore. Il 53enne indagato, cacciatore esperto ed amico di Penasa, ha raccontato di aver scambiato la vittima per un cervo. A tradirlo, erano state forse le luci dell'imbrunire anche se sulla visibilità le versione non sono univoche. Appena dopo l'incidente si era parlato di un colpo partito accidentalmente, ma Da Rin D'Iseppo aveva poi spiegato di aver sparato convinto di avere nel mirino un cervo. In realtà anche sul racconto del cervo vi erano due versioni.

Al momento dello sparo in località Zighignu erano infatti presenti due cacciatori, entrambi esperti: da Rin, che poi fece partire il colpo mortale, e il rettore della riserva di Vigo Rendena Carlo Stefani, testimone oculare della tragedia. Dagli atti d'indagine emerge che le deposizioni rese dai due davanti ai carabinieri non coincidono. Da Rin ha raccontato di aver chiesto conferma della presenza di un cervo all'amico che avrebbe risposto in senso affermativo. Stefani ha ribattuto che Da Rin aveva fatto tutto da solo. «Scendevamo tra i prati e il bosco limitrofo per circa 50 metri. Io avevo il fucile nello zaino che portavo in spalla mentre il Da Rin che mi precedeva teneva il fucile in mano in atteggiamento da caccia - aveva raccontato ai carabinieri - . Improvvisamente il Da Rin mi diceva che, in un boschetto di una decina di betulle situato in mezzo al prato, aveva notato muoversi un cervo. Io gli rispondevo che non lo vedevo. A quel punto ho notato che il Da Rin D'Iseppo si posizionava a terra e puntava l'arma verso il boschetto dicendomi che vedeva la macchia bianca del sedere del cervo. Poi ha preso velocemente la mira e ha fatto fuoco».

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