Morte per malaria, chiusa l'inchiesta Omicidio colposo, indagata un'infermiera

La procura ha chiuso le indagini sulla morte della piccola Sofia Zago, la bimba di Trento stroncata dalla malaria il 4 settembre del 2017. L'avviso di deposito atti è stato inviato ad un'infermiera del reparto di Pediatria del Santa Chiara dove sarebbe avvenuto il contagio. L'indagata - sentita nelle settimane scorse dal pm Marco Gallina e dagli investigatori del Nas - deve rispondere di omicidio colposo, un'accusa che la donna respinge sottolineando di aver utilizzato per i prelievi di sangue solo materiale monouso e nel pieno rispetto dei protocolli. 

Gli inquirenti sono convinti di aver individuato il momento del contagio ematico che ha permesso la sviluppo della malaria del ceppo falciparum nella piccola Sofia che mai era stata in paesi o ambienti dove la malattia è endemica. Malattia che - sostiene la procura incrociando dati storici e medici - sarebbe stata contratta al Santa Chiara a causa di un errore commesso da un sanitario.  

Il 17 agosto del 2017 Sofia Zago, 4 anni, era ricoverata in Pediatria per un esordio di diabete. Proprio in quei giorni nel reparto erano ricoverate per malaria anche due bambine africane, poi perfettamente guarite. Il ceppo del parassita che ha contagiato e ucciso Sofia è identico a quello di una delle due bimbe. I dati delle analisi di laboratorio sono convergenti con le indagini compiute dagli investigatori del Nas che, tra l'altro, hanno sentito come testimoni gran parte del personale sanitario e dei genitori dei bambini ricoverati. Ma come è avvenuto un contagio che si riteneva impossibile? Le indagini suono arrivate ad alcuni punti fermi. Il contatto ematico sarebbe avvenuto la mattina del 17 di agosto. Dalle cartelle cliniche emerge che quel giorno in Pediatria vennero fatti nove prelievi del sangue, compresi quelli di Sofia e della bimba affetta da malaria. La procedura, che prevede per queste operazioni materiale monouso, previene i rischi ma non garantisce contro possibili errori. Di prassi ai bambini al momento del ricovero viene inserito l'ago-cannula per l'eventuale somministrazione di terapie, per flebo o prelievi del sangue. Il contagio sarebbe avvenuto proprio attraverso quest'ultima operazione: dopo il prelievo, l'ago-cannula potrebbe essere stato pulito con una siringa di soluzione fisiologica utilizzata prima per la bimba africana infetta e poi per Sofia. Un'ulteriore ipotesi di errore umano è legata ad un possibile doppio utilizzo di un guanto usa e getta. Perché il parassita della malaria venga trasmesso da un soggetto infetto ad uno sano basta una quantità minima di sangue, invisibile all'occhio.  

L'infermiera indicata dalla procura come involontaria responsabile del contagio respinge le accuse. L'indagata, che pure poteva avvalersi della facoltà di non rispondere, ha dato la sua versione dei fatti. Nel corso dell'interrogatorio davanti al pm ha ripercorso in modo preciso le attività compiute quella mattina in Pediatria e in particolare le operazioni di prelievo sangue. L'infermiera esclude la possibilità di aver commesso errori riutilizzando un guanto o soluzione fisiologica. Tra l'altro al momento del prelievo su Sofia erano presenti più di un'infermiera e questo è un elemento a favore della difesa.  

Cosa accadrà ora? L'avviso di conclusione delle indagini non va considerato come una prognosi di colpevolezza. Certo si apre una fase nuova. Il deposito degli atti consente alla famiglia Zago di avere un ruolo attivo depositando memorie, consulenze tecniche, facendo richieste istruttorie. Lo stesso potrà fare anche la difesa, sostenuta dall'avvocato Tarcisio Morotti. Poi la parola tornerà al pm Marco Gallina per una scelta non facile: chiedere il rinvio a giudizio dell'infermiera indagata oppure chidere l'archiviazione.

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