Dopo la separazione diventa più povero Ma l'Itea gli aumenta l'affitto del 750%

Diventa più povero, e l’Itea  gli aumento l’affitto del 750%. Accade a Trento ad un padre di famiglia che rischiava di rimanere strangolato (e senza alloggio) per le bizze dell’Icef e le rigidità della burocrazia. Per fortuna questa è una storia a lieto fine: il genitore non dovrà lasciare la casa Itea, ma per raggiungere quello che sembrava un obiettivo di buon senso - quantificare un affitto sulla base di un indice Icef calcolato in base al reddito attuale  - ma per raggiungerlo il locatario ha dovuto ingaggiare due avvocati e presentare in Tribunale un ricorso d’urgenza contro Comune di Trento, Itea spa, e Agenzia provinciale per l’assistenza (Apapi).

Per capire i contorni di una vicenda dal sapore kafkiano, occorre fare un passo indietro. Dal 2007 il padre di famiglia, che lavora come impiegato, abitava in un alloggio Itea con moglie e tre figli. In seguito alla separazione dei due coniugi, l’uomo rimaneva ad abitare nell’appartamento insieme ai tre figli. Per mantenere la famiglia poteva disporre del suo reddito (circa 1.800 euro al mese) integrato dall’assegno regionale al nucleo familiare (405 euro bimestrali) e dall’assegno annuale del Comune per i figli minori (circa 1.800 euro). Anche l’affitto dell’alloggio Itea, calcolato sulla base dell’Icef e pagato sempre regolarmente, era ragionevole: 77 euro mensili.

La situazione però cambiò radicalmente nel 2016. Nel gennaio di quell’anno al padre di famiglia Itea adeguò l’affitto sulla base del nuovo indice Icef: il canone passava da 77 a 577 euro al mese, con un aumento tondo di 500 euro in un solo colpo. Il genitore era diventato ricco all’improvviso? Aveva vinto al Lotto? Niente affatto. Anzi, l’esatto contrario: il ricorrente era diventato di fatto più povero. L’aumento del 750% per cento era scattato in seguito al nuovo Icef che aveva «fotografato» la condizione del nucleo familiare. I tre figli, su accordo dei genitori, erano andati a vivere con la madre.

Per il padre le condizioni economiche erano sì mutate, ma in peggio: non solo doveva versare alla moglie 700 euro per il  mantenimento dei figli (prima alla ex andavano 250 euro), ma aveva perso anche gli altri assegni per i figli (regionale e comunale). A conti fatti dunque al lavoratore, detratti mantenimento figli e il nuovo affitto Itea, rimanevano per vivere circa 500 euro al mese. Eppure per gli enti pubblici risultava benestante (reddito di 36 mila euro l’anno). Come era possibile? L’Icef era «impazzito»? No, semplicemente l’indicatore era stato calcolato sulla base del nuovo stato di famiglia del 2016, ma tenendo in considerazione i redditi 2014.

Correggere quello che poi, ha stabilito il giudice Marco Tamburrino, è stato riconosciuto essere un errore ha richiesto l’ingaggio di due legali, gli avvocati Nicola Degaudenz e Paolo Dal Rì. La situazione era delicata anche perché l’inquilino Itea, che aveva continuato a pagare il vecchio affitto di 77 euro, si era visto recapitare una richiesta di rilascio dell’alloggio. I tentativi di risolvere la questione sulla base del buon senso e dell’equità chiedendo l’attivazione dell’apposito Comitato di  valutazione dell’Icef in seno all’Apasi sono però andati a vuoto. Per sbloccare la situazione c’è voluto un ricorso d’urgenza al Tribunale.

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