Il vescovo Tisi visita il campo di accoglienza «Non va: non si può vivere in 14 in un container»

«È una situazione che parla da sola, così non va. Non si può stare in quattordici in un container». Così l’arcivescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi, che stamani ha visitato il campo di accoglienza per migranti di Marco di Rovereto, in Trentino, accogliendo l’invito che Vincenzo Passerini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza del Trentino Alto Adige, gli aveva rivolto sul nostro giornale.       

«Pur riconoscendo le difficoltà gestionali in capo all’ente pubblico» riferisce la Diocesi, Tisi garantisce: «Mi sento interpellato in prima persona a muovermi, più che a parlare, per alleviare la situazione. Per questo la Diocesi mette da subito a disposizione ventidue posti in località San Nicolò, in appartamenti dove erano ospitate famiglie siriane, giunte con il corridoio umanitario. Altri nove posti saranno presto disponibili in due diverse località».
L’arcivescovo è stato accompagnato dall’assessore provinciale Luca Zeni, dai responsabili del Cinformi (Centro informativo per l’immigrazione) e dalla Croce Rossa, presenti i direttori di Caritas e Fondazione Comunità Solidale, che gestiscono l’accoglienza diocesana.

L’arcivescovo ha potuto verificare le condizioni in cui sono ospitati attualmente 237 richiedenti protezione internazionale. Ha passato in rassegna gli spazi comuni - un’aula scolastica, la mensa, un locale ricreativo - per poi soffermarsi all’interno di uno dei container, «ciascuno dei quali con quattordici posti letto su strutture a castello, in spazi oggettivamente ristretti. Qui ha potuto ascoltare le ragioni di uno degli ospiti» viene spiegato dalla Diocesi.

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A seguito della visita al campo, monsignor Tisi rilancia un appello alle comunità cristiane. «Ho parlato con i ragazzi ospitati al campo - dice - e mi porto dentro le loro problematiche esistenziali, che vanno ben oltre il disagio di un container. Anche nel pensare una ricollocazione, bisogna tenere conto dei percorsi di integrazione e formativi, che in molti casi sono già stati avviati sul posto».

«Da parte mia e anche dei preti che sono impegnati in questi giorni nella formazione a Villa Moretta - conclude - c’è piena apertura, come dimostra il fatto che abbiamo già messo a disposizione una ventina di canoniche in Trentino. Dobbiamo però lavorare ancora sulle nostre comunità, per accrescere la disponibilità all’accoglienza, già riscontrata, e vincere eventuali paure che si sfaldano solo con l’incontro. Il mio intento è fare di tutto per invitare le comunità ad aprirsi».

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