Ladro occasionale può avere la licenza per armi da caccia

di Sergio Damiani

Anche un ladro può avere il porto d'armi ad uso caccia. In estrema sintesi è quanto ha stabilito il Tar accogliendo il ricorso di un cacciatore della Rendena a cui la Questura di Trento aveva revocato la licenza dopo che il titolare era stato denunciato per tentato furto. L'uomo, difeso dall'avvocato Stefano Pietro Galli, era stato sorpreso in un supermercato a rubare - questa almeno era l'accusa - sette confezioni di carne e tre di burro. Bottino magro (il valore era di 55,62 euro), ma foriero si guai sia sul piano penale (il procedimento per tentato furto si chiuse con un decreto penale di condanna non opposto da 3.800 euro, con la sospensione condizionale della pena), sia sul piano amministrativo (con la revoca del porto d'armi ad uso venatorio). 

Il cacciatore, peraltro persona stimata dalla comunità e descritto come dalla inappuntabile vita familiare e lavorativa, sosteneva che non si era trattato di furto, ma di mera dimenticanza di pagare la merce. Poco importa la condanna penale, secondo il Tar sul tentato furto da poche decine di euro non si può fondare una prognosi di pericolosità posta alla base delle revoca della licenza. In sentenza il tribunale amministrativo regionale ribadisce che «nel nostro ordinamento l'autorizzazione alla detenzione e al porto di armi deve considerarsi un'eccezione alla regola e che le esigenze di incolumità di tutti i cittadini sono assolutamente prevalenti e prioritarie, per cui la richiesta di porto d'armi può essere soddisfatta solo laddove non sussista alcun pericolo che il soggetto possa abusarne, richiedendosi che l'interessato sia esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo, in modo tale da scongiurare pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Pertanto, la revoca o il diniego dell'autorizzazione possono essere adottati sulla base di un giudizio ampiamente discrezionale circa la prevedibilità dell'abuso delle armi, potendo assumere rilevanza anche fatti isolati, ma significativi, e potendo l'amministrazione valorizzare sia fatti di reato, sia vicende e situazioni personali che non assumano rilevanza penale, anche non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa desumere la non completa affidabilità all'uso delle stesse». Tuttavia non tutti i fatti penalmente rilevanti sono significativi «ai fini del giudizio prognostico sull'abuso delle armi» .

 

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