Una casa a Trento per la famiglia di Adan il profugo curdo di 13 anni morto a Bolzano

La famiglia del piccolo Adan, il ragazzo 13enne curdo deceduto all'ospedale di Bolzano per un'infezione dopo avere dormito all'aperto per alcuni giorni, sarà ospitata a Trento.

È stato ribadito ieri mattina nell'ambito dell'assemblea di fine anno del Gect: la parola solidarietà è un fondamento della stessa Euregio. Con questo spirito Trento, Bolzano ed Innsbruck hanno gestito assieme situazioni delicate come la questione del Brennero.

Ed ora un nuovo esempio, affrontato anche questa volta di comune accordo fra Trentino e Alto Adige, uniti nel tendere una mano alla famiglia irachena del piccolo Adan, lo sfortunato ragazzo disabile morto la settimana scorsa a Bolzano.
Ieri, i presidenti Ugo Rossi e Arno Kompatscher hanno confermato la disponibilità ad ospitare i genitori ed i fratelli dello sfortunato giovane.

La famiglia irachena, che ha richiesto protezione internazionale, ha scelto di essere ospitata in un appartamento che si è reso disponibile a Trento, messo a disposizione nell'ambito del sistema straordinario di accoglienza nazionale (Sprar). Analoga offerta era giunta anche dalla Provincia altoatesina e comunque la decisione è stata condivisa fra i servizi di Trento e di Bolzano.

Come si ricorderà, la famiglia era scappata da Kirkuk (città a circa 250 km da Baghdad) nel dicembre 2015 per recarsi in Svezia.

Dopo quasi due anni di attesa, nel febbraio 2017 aveva ricevuto il diniego alla richiesta di protezione e aveva deciso di lasciare quel paese, riuscendo poi ad arrivare a Bolzano ai primi di ottobre. Sulla morte del 13enne curdo, intanto, la procura di Bolzano indaga.

Un filone riguarda l'ipotesi di reato di omissione d'atti d'ufficio e la mancata accoglienza della famiglia in strutture ufficiali, l'altro fascicolo è stato invece aperto per omicidio colposo e riguarda i due ricoveri del 13enne affetto da distrofia muscolare in ospedale. L'autopsia, disposta dalla procura, è prevista per oggi.

Sulla questione dei cosiddetti profughi di terra, Rossi, con Kompatscher e Platter, ha chiesto al presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, di arrivare a regole omogenee sui Paesi considerati sicuri nei diversi Stati europei e per i quali quindi non viene garantito il diritto di asilo.

A Tajani è stato chiesto un sistema unico europeo di richiesta di asilo. Sul tema dei profughi e della gestione dei flussi di migranti verso l'Europa e all'interno degli stati membri, «la nostra richiesta - spiega Kompatscher - è quella di avviare il percorso verso una soluzione di respiro europeo per affrontare i flussi migratori in arrivo dal Nord-Africa, bloccando le partenze incontrollate e garantendo un corridoio sicuro per le persone aventi diritto alla protezione internazionale».

Per quanto riguarda la gestione del fenomeno migratorio all'interno degli stati membri e «anche alla luce dei recenti tragici fatti di cronaca che hanno interessato anche il nostro territorio», ha aggiunto Kompatscher, «abbiamo sottoposto a Tajani l'ipotesi di istituire un sistema unico europeo per le richieste di asilo, per coordinare al meglio le procedure».

Un pensiero condiviso da Rossi che, ieri, a margine della riunione delle giunte dell'Euregio ha chiarito che «l'accoglienza va bene, ma non può essere giocata sulla spontaneità. Ma se c'è un'emergenza, sanitaria o abitativa, e soprattutto se ci sono minori, si interviene» ha concluso Rossi.


Frattanto la procura di Bolzano indaga sulla morte del ragazzo. Un filone riguarda l’ipotesi di reato di omissione d’atti d’ufficio e la mancata accoglienza della famiglia in strutture ufficiali, l’altro fascicolo è stato invece aperto per omicidio colposo e riguarda i due ricoveri del 13enne affetto da distrofia muscolare in ospedale.

A Bolzano non si placano le polemiche sulla morte di Adan.

Le associazioni di volontariato per migranti, che per sabato hanno annunciato un sit-in, criticano in prima linea la circolare della Provincia di Bolzano che limita l’accoglienza nelle strutture ufficiali di migranti non assegnati da Roma.

La famiglia con quattro figli minorenni, di cui uno appunto disabile, dopo aver ricevuto il diniego in Svezia, a Bolzano aveva infatti trovato accoglienza solo presso privati. La Provincia respinge le accuse.

«I bambini profughi hanno diritti», ricorda la Garante per l’infanzia e l’adolescenza altoatesina, Paula Maria Ladstaetter.

«Il giovane profugo Adan H. è morto a 13 anni. Bambini e giovani hanno diritti, tra gli altri anche il diritto a una vita dignitosa: tutti i bambini, anche Adan. Questi diritti sono ancorati nella Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia del 1989, nonchè nella Convenzione Onu sui diritti delle Persone con disabilità sottoscritta nel 2006», sottolinea Ladstaetter.

«Attualmente, la responsabilità per la scomparsa del giovane iracheno viene rimpallata da una parte all’altra. Le attribuzioni di colpa sono tardive e fuori luogo: bisogna finalmente agire, trattando e alloggiando le persone - in prima linea i minori - in maniera dignitosa. L’Alto Adige può farlo, lo deve solo volere», afferma la Garante.

Ladstaetter ricorda infine nella sua nota: L’articolo 2 della Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia prevede esplicitamente che i diritti dell’infanzia siano garantiti a tutti i fanciulli, indipendentemente dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, indipendentemente dalla loro incapacità o da ogni altro status del fanciullo o dei suoi genitori.

La discriminazione è vietata. Inoltre, tra i diritti dei fanciulli è previsto che essi non possano essere puniti o discriminati per ciò che fanno i genitori.

L’articolo 3 sostiene inoltre che in tutte le decisioni relative ai fanciulli - e qui sono compresi anche i bambini profughi, con o senza disabilità - l’interesse del bambino debba essere una considerazione preminente: indipendentemente dai diritti degli adulti.

L’articolo 23 descrive poi il diritto dei fanciulli con disabilità mentale o fisica a una vita piena e decente, in condizioni che ne garantiscano la dignità, favoriscano l’autonomia e agevolino un’attiva partecipazione alla vita della comunità.

Una disabilità fisica, psichica o psicologica rappresenta per i bambini e i giovani che ne sono affetti un onere che richiede un sostegno particolare.

L’articolo 22 sostiene che bambini e giovani devono ricevere protezione dallo Stato, indipendentemente se sono da soli o accompagnati dai loro genitori.

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