Assolto il vigile del fuoco per il maialino morto

di Flavia Pedrini

Assoluzione piena, sia dall’accusa di uccisione di animale, che da quella di peculato.

Al processo d’appello per la morte di Ettorino, il maialino thailandese domestico fuggito dalla casa della sua proprietaria a Martignano e finito macellato, i giudici hanno ribaltato la sentenza di primo grado, che aveva visto la condanna del caposquadra dei vigili del fuoco volontari di Gardolo, Paolo Mattei, ad 1 anno e 6 mesi (altri due vigili del fuoco erano stati invece assolti).

L’ipotesi dell’accusa era che l’imputato si fosse appropriato del maialino e che lo avesse ucciso per farne braciole. Accusa, va detto, che il pompiere volontario, assistito dall’avvocato Stefano Daldoss, ha sempre respinto.

Ma veniamo ai fatti. La vicenda, che per la sua singolarità era balzata agli onori delle cronache, risale al dicembre 2013 ed aveva imboccato i binari penali dopo la presentazione di un esposto da parte della Lav.  Quella sera venne segnalata la presenza di un maialino nella piazza di Gardolo. La telefonata, arrivata ai carabinieri, venne girata alla centrale operativa 115 dei pompieri, che allertò i vigili del fuoco volontari di Gardolo, affinché procedessero al recupero di quello che, a prima vista, era parso un cinghiale. L’animale fu recuperato, peraltro in tempi rapidissimi e questo secondo la difesa dimostrava che le condizioni di salute del maialino fossero già compromesse.

Il maialino venne anche rifocillato, secondo quanto ricostruito in aula ma poi, invece che tornare tra le braccia della sua proprietaria a Martignano, finì macellato nel freezer di Mattei. L’avvocato Daldoss, ieri, ha sottolineato che i volontari - come da prassi - avevano chiesto subito alla centrale di inviare i forestali e che i due agenti intervenuti avevano classificato l’animale come un cinghiale ibrido di origine balcanica.

Le sue condizioni, inoltre, erano parse da subito compromesse, tanto che i forestali non chiesero l’intervento del veterinario: «Dissero che l’animale era morente», ha evidenziato. E in effetti, nel giro di pochi minuti, l’animale sarebbe morto in caserma. Ma perché macellarlo? La difesa ha spiegato che Mattei agì in buona fede, seguendo le indicazioni date dai forestali, che gli aveva detto di smaltire il corpo dell’animale una volta morto. Non trattandosi di animale soggetto a prelievo venatorio, infatti, non doveva essere dato alla sezione venatoria, ma nemmeno ad un ente faunistico (non c’erano scopi scientifici, l’animale non era malato e non si trattava di un grande predatore). In buona fede, dunque, Mattei - che si era assunto l’onere dello smaltimento - invece di portare la carcassa ad una ditta specializzata («ma queste sono indicazioni interne dei forestali che lui non poteva conoscere»), decise di macellarlo. «Voleva portare la carne al Punto d’incontro», ha spiegato il legale.

Ieri, lo stesso procuratore generale Giuseppe Maria Fontana, al termine della requisitoria, aveva chiesto l’assoluzione dell’uomo dall’accusa di uccisione di animali. Ma aveva chiesto comunque la condanna di Mattei per l’altra imputazione, qualificando però il fatto come furto aggravato e non peculato. Alla fine la Corte - presidente Daniela Genalizzi con Anna Maria Creazzo e Patrizia Collino - ha assolto il capo squadra.«È una sentenza di giustizia», evidenzia l’avvocato Daldoss, ribadendo il dispiacere di Mattei per l’accaduto (il pompiere aveva risarcito la proprietaria). «La funzione del vigile del fuoco, che durante la settimana fa altro e dà moltissimo alla società, è di operare e poi fidarsi di chi ha delle competenze specifiche, in questo caso dei forestali chiamati», conclude.

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