Strage di Brescia del 1974: la Corte «Contro i neofascisti prove certe»

«Il compendio probatorio acquisito nei confronti di Maggi non lascia alcuno spazio per dubitare del suo ruolo organizzativo» nella strage di Brescia (28 maggio 1974, otto morti e 102 feriti) «sul quale convergono non solo le dichiarazioni accusatorie di Tramonte e di Digilio, ma tutti gli altri elementi indiziari».

Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi del verdetto che il 20 giugno ha confermato l’ergastolo per i neofascisti Carlo Maria Maggi, mandante, e Maurizio Tramonte partecipe del piano stragista.

Ad avviso degli ‘ermellinì, «il riferimento al ruolo organizzativo svolto dal Maggi nell’ organizzazione della ‘strage di Piazza della Loggià deve essere ritenuto incontroverso e corroborato dal compendio probatorio» acquisito nei diversi gradi di giudizio.

Quanto a Tramonte, la Suprema Corte rileva che è lui stesso «dal luglio 1995 fino alla sua ritrattazione, avvenuta il 14 maggio 2002» - e ritenuta inattendibile - ad aver ammesso «di aver partecipato a una pluralità di riunioni in casa di Gian Gastone Romani, nel corso delle quali Maggi aveva illustrato ai presenti le proprie teorie eversive e gli sviluppi stragisti che ne sarebbero derivati».

Il dato processuale della partecipazione di Tramonte alle riunioni - compresa quella nella quale si pianificò la strage di Brescia - «nell’ambiente dell’eversione di estrema destra veneta» è «incontroverso». Dopo il verdetto della Cassazione, Maggi che ha 80 anni e problemi di salute è ai domiciliari a Venezia dove vive, mentre Tramonte (65 anni) è detenuto in Portogallo dove era scappato.

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