Rapina in casa alle 10 di mattina Strattona e minaccia una donna

di Marica Viganò

Dieci del mattino, quartiere residenziale di Trento sud: un giovane, con un berrettino in testa, si arrampica sul muro di una palazzina, fino a raggiungere il balcone del primo piano dove era stata lasciata semiaperta la portafinestra.

«Sembrava un gatto» riferiscono i vicini, che subito chiamano le forze dell’ordine. Non è una «semplice» intrusione in un appartamento: il malintenzionato, che probabilmente pensava di non trovare nessuno all’interno, si è trasformato in un feroce rapinatore. «Aveva lo sguardo cattivo, continuava a urlare: “ti ammazzo”» è il ricordo-shock della donna che era in casa, figlia dell’anziana coppia che vive nell’appartamento. Grazie all’intervento delle volanti della polizia, due giovani che facevano da «palo» sono stati subito fermati, mentre il rapinatore, un ventenne moldavo fuggito con il bottino, si è costituito in serata.

Il «colpo» è avvenuto mercoledì. Moglie e marito, che abitano soli nell’appartamento al primo piano, erano usciti per le commissioni. Non si esclude che il malintenzionato entrato nell’appartamento abbia tenuto d’occhio la coppia, contando di poter rovistare nelle stanze con relativa calma, data l’assenza dei proprietari. Ciò che è accaduto all’interno dell’abitazione probabilmente non era stato programmato: lo sconosciuto, che si era arrampicato sul muro aggrappandosi alle canalette dei cavi, si è trovato davanti la figlia della coppia. Anziché scappare via, il giovane ha spintonato la donna più volte, prendendola per le spalle, strattonandola, gettandola a terra. Voleva soldi e gioielli.
Ha afferrato la borsa della donna, l’ha svuotata e ha preso il portafoglio dove erano custoditi 200 euro. Ma quel denaro non gli bastava. Ha minacciato la donna («ti ammazzo» le continuava a dire) pretendendo che gli consegnasse altri soldi ed i gioielli.

È grazie ad un escamotage che la vittima è riuscita a sottrarsi dalla ferocia del giovane, che continuava a spintonarla: tentando di fuggire, ha finto di stare male e di avere la necessità di andare in bagno. Il rapinatore non si è opposto e, dopo averla nuovamento minacciata («Non uscire sennò ti ammazzo» le avrebbe detto) ha messo a soqquadro l’appartamento. Quando la donna, dall’interno del bagno, ha sentito la porta d’ingresso sbattere, ha capito che l’incubo era finito.

Con cautela è uscita sul corridoio; la polizia era già nel cortile della palazzina, con i due complici. La fuga del rapinatore è durata meno di 24 ore: dopo essere riuscito a scappare alla cattura, sapendo che i suoi amici erano stati fermati, ha deciso di costituirsi.

Diverse le contestazioni mosse dalla procura nei confronti dei tre. Ieri mattina i due giovani - accusati di furto in abitazione in concorso fra loro e con il rapinatore - sono comparsi davanti al giudice Enrico Borrelli per la direttissima. Secondo l’accusa facevano da «palo»: sono infatti stati sorpresi nella strada privata davanti alla palazzina in cui è stato messo a segno il «colpo». Avevano inoltre in custodia il tablet e le chiavi di casa del rapinatore.

Difesi dall’avvocato Claudio Tasin, i due imputati - M. C., diciannovenne di origine moldava, e M.R, 26enne nato in Brasile, entrambi residenti a Trento - hanno patteggiato due anni di reclusione e 440 euro di multa, con la sospensione condizionale della pena. «Sono stati coinvolti in un fatto più grande di loro - evidenzia l’avvocato Tasin - il giudice ha tenuto conto della giovane età, dell’incensuratezza e del contributo inconsapevole dei due imputati al rapinatore». I giovani, rilasciati al termine dell’udienza, sono nati all’estero ma perfettamente integrati nella società: entrambi hanno un posto di lavoro e non erano mai finiti nei guai prima di mercoledì.

Per l’amico fuggito con la refurtiva, che da mercoledì sera è in carcere a Spini, l’accusa è ben più pesante: deve rispondere di rapina. In tasca la polizia gli ha trovato un biglietto aereo per l’estero: secondo gli investigatori voleva lasciare l’Italia. Oggi è stata fissata l’udienza di convalida davanti al gip.


 

«DICEVA: TI AMMAZZO. HO FINTO DI STAR MALE»

«Quel ragazzo aveva lo sguardo cattivo: per sfuggirgli ho finto di stare male». Parla la donna che si è trovata faccia a faccia con il rapinatore: derubata dei soldi che teneva nel portafoglio, strattonata e minacciata di morte, ha trovato rifugio in bagno. «È stata la paura a farmi reagire - spiega - mi sono piegata in due, ho detto che stavo male».

«Credo - aggiunge - che quell’individuo avesse tenuto d’occhio l’appartamento: forse sapeva che il mercoledì mattina i miei genitori sono soli in casa». La donna spiega che le sue visite nell’appartamento in cui vivono mamma e papà avvengono in determinati giorni essendo legate agli impegni di lavoro. Mai il mercoledì, ad esempio. Quel giorno era stata un’eccezione.

«I miei genitori erano usciti, io stavo nella mia vecchia stanza ora utilizzata come ufficio. Ad un certo punto ho visto al di là della portafinestra, sul balcone, due gambe. Ho pensato a mio padre, ma lui non era in casa - spiega - Mi sono avvicinata, c’era un giovane accucciato con un cappellino in testa. Ho cercato di chiudere subito la portafinestra, ma lui si è alzato come un gatto, ha messo un piede nella porta e ha iniziato a spingere finché è riuscito ad entrare, buttandomi a terra. Mi ha detto: “Stai ferma o ti ammazzo”».

Lo sconosciuto le ha preso la borsa, ma i 200 euro trovati nel portafoglio non gli bastavano. «Mi ha preso le braccia, mi ha scosso e sono caduta a terra - riprende il racconto la donna - Pretendeva soldi e gioielli. Gli ho detto che non avevo altro, ma lui mi minacciava dicendo che se continuavo a rompere mi avrebbe ammazzato. Per la paura, mi sono piegata e ho finto di stare male. Quel giovane ha detto poche parole, ma era molto lucido e aveva gli occhi cattivi». Il rapinatore ha spinto la donna in bagno.

«Nella stanza non c’è la chiave. “Se esci ti ammazzo” mi ha detto. Ero terrorizzata. Quando ho sentito sbattere la porta d’ingresso ho capito che se ne era andato. Ho atteso qualche minuto. Quando sono uscita la stanza era a soqquadro, ma nel cortile era già arrivata la polizia». I ringraziamenti della vittima vanno proprio agli agenti: «Sono stati bravissimi, professionali. Hanno avuto grande attenzione nei miei confronti».

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