Racket della prostituzione L'allarme anche in Trentino

di Lorenzo Basso

«Abbiamo il sentore che le ragazze che si prostituiscono siano spesso vittime di violenze fisiche o psicologiche, talvolta inserite all'interno di una rete di sfruttamento internazionale che prende in carico le giovani fin dal Paese d'origine. Ci troviamo tuttavia di fronte ad un fenomeno complesso ed in rapido mutamento, caratterizzato da una progressiva diminuzione delle ragazze in strada e da un aumento dell'attività sommersa, in appartenenti privati».

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È un quadro a tinte fosche quello tracciato ieri dal direttore del Punto di approdo di Rovereto Andrea Gentilini in merito alla situazione delle ragazze che esercitano la prostituzione nei principali centri urbani provinciali. Intervenendo nell'ambito di una convocazione monotematica della Commissione decentramento del Comune di Trento, incaricata di esaminare la proposta di deliberazione presentata dal consigliere Andrea Merler (Civica trentina) per un'interdizione dell'esercizio del «meretricio in città», Gentilini, la cui testimonianza è stata supportata dagli esponenti delle principali associazioni che si occupano di assistenza in strada e prevenzione sanitaria (Lila e Altra strada), ha infatti parlato di costrizioni, violenze psicologiche e indebitamenti.

«Non possiamo dire se vi sia racket o meno - ha aggiunto Gentilini - perché la questione spetta alle forze dell'ordine. Riteniamo però difficile che una ragazza scelga liberamente di dedicarsi alla prostituzione. Possiamo dire invece che registriamo pochissimi casi di giovani che ci chiedono aiuto per cambiare vita».

Nelle scorse settimane, il vicequestore Salvatore Ascione, prendendo la parola nella stessa sede, aveva rilevato la mancanza di elementi che facessero supporre la presenza di un racket della prostituzione sul nostro territorio, evidenziando tuttavia un lavoro continuo di monitoraggio da parte delle forze dell'ordine. Dati preoccupanti sono emersi ieri anche dalle dichiarazioni di Simona Sforzini, direttrice dell'unità operativa cure primarie dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari, che ha raccontato di alcuni contatti avuti nel 2015 con ragazze rumene di età compresa tra i 13 e i 15 anni. «Si è trattato - ha specificato - di una presenza temporanea, in Trentino per pochissimi giorni».

Dal punto di vista sanitario, ha poi precisato Sforzini, non vi sarebbero situazioni critiche. «Non vi è al momento - ha specificato al riguardo - un allarme sulle malattie sessualmente trasmissibili, ma manteniamo alta la soglia di attenzione».

Nel corso del 2016 sono state 53 le donne che si sono rivolte al consultorio dell'Azienda sanitaria per visite mediche specifiche, formazione sulla contraccezione. Solo nel primo semestre dell'anno in corso, le ragazze accompagnate dai volontari della Lila, oppure dagli operatori di strada, sono state 22. A quanto riferito si tratta in larga parte di giovani dell'Est Europa (rumene, moldave e albanesi); residuale invece la presenza di sudamericane e originarie dell'Africa subsahariana, un tempo predominanti.

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