Omicidio di Ilaria Alpi e di Hrovatin la procura chiede archiviazione

Impossibilità di risalire al movente ed agli autori degli omicidi dell’inviata del Tg3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, avvenuti il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, in Somalia, e nessuna prova di presunti depistaggi.

La procura di Roma chiude, con una richiesta di archiviazione, l’inchiesta sui fatti di 23 anni fa. A decidere, ora, sarà il gip.

A firmare la richiesta di archiviazione, previo visto del procuratore Giuseppe Pignatone, è stato il pm Elisabetta Ceniccola, magistrato che assunse la titolarità degli accertamenti dopo che il gip Emanuele Cersosimo, nel dicembre 2007, respinse un’analoga richiesta di archiviazione sul duplice omicidio disponendo ulteriori accertamenti.

Nel provvedimento, circa 80 pagine, firmato dal pm Ceniccola ci sono le risposte ai quesiti posti all’epoca dal gip Cersosimo e la indicazione degli elementi, a cominciare dall’impossibilità di attivare indagini in Somalia, che impediscono di accertare il movente e gli autori degli omicidi.

In particolare, secondo quanto si è appreso, è citata anche la sentenza della corte di appello di Perugia che il 19 ottobre scorso, a conclusione del processo di revisione, ha assolto l’unico condannato, il somalo Hashi Omar Hassan, con particolare riferimento all’assenza di qualsiasi indicazione su movente e killer.

La parte di inchiesta dedicata ai presunti depistaggi aveva preso le mosse proprio dalle motivazioni della sentenza di Perugia, nella parte in cui si parlava delle presunte anomalie legate alla gestione di un testimone, rivelatosi falso, Ahmed Ali Rage, detto Gelle, anch’egli somalo.

Fu proprio quest’ultimo a chiamare in causa Hassan una volta arrivato a Roma: poi, alla fine del 1997, sparì dalla circolazione salvo essere rintracciato in Inghilterra da «Chi l’ha visto».

All’inviata del programma di Federica Sciarelli, Gelle ammise di aver dichiarato il falso, ossia che non si trovava sul luogo del duplice omicidio e di aver accusato Hassan in quanto «gli italiani avevano fretta di chiudere il caso».

In cambio della sua testimonianza, precisò il somalo, ottenne la promessa che avrebbe lasciato il paese africano, dove la situazione sociale era tesissima.

Dagli accertamenti, che hanno comportato l’audizione di tutti coloro che gestirono quello che, successivamente, si sarebbe rivelato un falso testimone, non sono emersi elementi tali da configurare un depistaggio.

«Sconcerto, amarezza e rabbia. Questi i sentimenti che suscita la richiesta di archiviazione dell’inchiesta sull’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin avvenuta il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. Sentimenti aggravati dalla recente sentenza emessa dal tribunale di Perugia che ha scagionato l’unico imputato e ha di fatto confermato l’impressionante serie di depistaggi e bugie che hanno caratterizzato questa vicenda», scrivono i sindacati dei giornalisti Fnsi e Usigrai.

«Riteniamo che la ricerca della verità debba proseguire non soltanto per un dovere nei confronti delle due vittime, ma anche e soprattutto perchè in uno Stato di diritto non possono essere consentite omissioni e reticenze.

Per questa ragione, nell’auspicare che la richiesta di archiviazione non venga accolta, abbiamo concordato con la signora Luciana Alpi che qualsiasi ulteriore iniziativa sarà decisa ed annunciata il prossimo 6 luglio nel corso della manifestazione promossa da Fnsi, Usigrai e Articolo21, alle ore 17.30 nella sede della Federazione nazionale della stampa a Roma, in occasione della presentazione del libro ‘Esecuzione con depistaggi di Statò. Siamo certi che le massime autorità dello Stato seguiranno l’iniziativa con la dovuta attenzione».


Walter Verini, capogruppo Pd in commissione giustizia della Camera, esprime «eelusione e amarezza».

«Queste - spiega - sono le mie prime reazioni davanti alla notizia della richiesta di archiviazione da parte della Procura di Roma, battuta poco fa dalle agenzie, in merito all’uccisione della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin avvenuta 23 anni fa a Mogadiscio.

Dopo la sentenza della Corte di Appello di Perugia, a mio modo di vedere c’erano, e ci sono, tutte le condizioni per dare nuovo impulso alle indagini per cercare di trovare le prove di quella che tutti sappiamo essere la verità.

Ilaria e Miran furono uccisi perchè avevano scoperto responsabilità di faccendieri, affaristi, pezzi deviati dello Stato all’ombra della cooperazione internazionale e traffici di rifiuti e di armi con relativi depistaggi. Per questo la richiesta della Procura di Roma lascia amareggiati e delusi».

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