Il colpo alla gioielleria Mosele di Trento Ecco la sequenza della rapina

di Flavia Pedrini

Cappellino scuro abbassato sul viso e occhiali da sole, pantaloni lunghi tipo jeans, una polo azzurra e sopra una maglia con la zip, con strisce verticali bianche e blu lungo le maniche. Sulle spalle uno zainetto. Alto un metro e settanta circa, di corporatura robusta, con un età vicina ai quarant’anni e una inflessione meridionale.

Ecco le immagini del rapinatore che, sabato mattina, pistola in pugno puntata contro gli ostaggi, ha messo a segno il colpo alla gioielleria Mosele di via Matteotti. I fotogrammi del video ripreso dalla telecamera interna sono stati divulgati a tutte le questure d’Italia e alle altre forze dell’ordine.

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Da giorni gli investigatori della squadra mobile sono al lavoro per dare un nome al bandito. Il malvivente era entrato in azione alle 10 del mattino. All’interno della gioielleria, oltre al titolare Massimo Mosele e ad una collaboratrice, erano presenti un cliente e il figlio di 10 anni, che dovevano acquistare un regalo.

Il malvivente, con l’arma in mano - secondo gli investigatori si tratterebbe di una scacciacani - ha subito reso chiare le sue intenzioni: «Questa è una rapina».

Dopo essersi fatto aprire la cassaforte, sotto la minaccia della pistola -come mostrano queste drammatiche immagini - il rapinatore ha spinto tutti dentro il laboratorio. Nemmeno la presenza del bambino lo ha fatto desistere: «Non mi piace quando ci sono bambini, ma ormai sono qua», ha detto, facendo intendere di non essere al suo primo colpo. Ma il ragazzino è stato davvero coraggioso: «Una roccia», ha detto anche il papà. «È stato eccezionale», gli ha fatto eco il titolare, consapevole che in quei frangenti di altissima tensione sarebbe bastato poco per fare innervosire il rapinatore.

Il colpo era stato studiato nei dettagli. Con sé il malvivente aveva anche alcune fascette stringicavo in plastica, già inserite e pronte per essere strette attorno ai polsi, usate per immobilizzare il titolare e il cliente. Dopo avere riempito la borsa contenuta nello zaino (poi abbandonato) con monili, orologi e contanti - il bottino alla fine si aggira sui 30 mila euro - l’uomo si è dato alla fuga, non prima di essersi fatto consegnare le chiavi per chiudere la porta ed impedire di essere seguito. Attirati dai colpi battuti sul vetro, come noto, sono stati due agenti di quartiere della polizia locale i primi ad intervenire.

Uno di loro si è lanciato all’inseguimento dell’uomo. Il bandito, con sangue freddo, si è fermato e, scarrellando l’arma, lo ha minacciato: «Non seguitemi o sparo».

In zona, nel frattempo, sono accorse volanti della polizia, carabinieri, polizia locale e uomini della polizia scientifica, che hanno eseguito i rilievi nella gioielleria (il bandito non indossava i guanti). Subito è scattato il piano anti rapina, ma il bandito per ora sembra svanito nel nulla. Forse si tratta di un «pendolare» del crimine, arrivato da fuori provincia e ripartito subito.

Gli investigatori stanno passando al setaccio anche le immagini delle telecamere della zona, sia per ricostruire il percorso fatto dal rapinatore che per verificare se avesse compiuto sopralluoghi prima di entrare in azione sabato mattina. Non è escluso che l’uomo possa essere stato notato da qualcuno: chiunque avesse informazioni può contattare la squadra mobile di Trento.

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