Catastrofe gelo: 200 milioni di perdite In Val di Non -80% di mele, migliaia senza lavoro

di Francesco Terreri

La gelata di aprile ha dato una mazzata senza precedenti alla frutticoltura trentina, soprattutto in Val di Non. Sembra incredibile, ma le stime più recenti parlano di una perdita di prodotto dell'80%. «Gli ultimi barlumi di speranza in un recupero si vanno spegnendo» dice allarmato e preoccupato il presidente del consorzio Melinda Michele Odorizzi . Nelle altre zone della provincia e per le altre coltivazioni i danni sono inferiori, ma si stima pur sempre un 20% di perdite nella frutta in Valle dei Laghi e nei vigneti in Vallagarina. La Val di Non però resta l'epicentro di questo terremoto. «Noi vendiamo soprattutto le mele che produciamo nell'anno - sottolinea Odorizzi - Invece di 250 milioni di euro di fatturato potremmo fermarci a 50».

La perdita economica del grande gelo, quindi, sarà superiore ai 200 milioni nei bilanci 2017-2018, quando si venderà il prodotto di quest'anno. Ma intanto fin da subito nella filiera sono a rischio migliaia di posti di lavoro stagionali, molti dei quali «storici», cioè ricorrenti. In grandissima parte, il 95%, donne, in gran parte trentini e trentine anche se non mancheranno le ripercussioni sugli immigrati che lavorano sia nella raccolta che nella lavorazione delle mele.

«Abbiamo fatto le riunioni con personale per spiegare che l'entità del danno è gravissima - afferma Odorizzi - Così grave non era stata neanche nelle ricorrenze storiche del 1957, 1981, 1997. Di conseguenza dobbiamo agire a trecentosessanta gradi su tutto quello che è possibile. I costi fissi devono gravare meno sulle poche mele che rimangono». Melinda conta circa 150 lavoratori a tempo indeterminato, oltre 700 stagionali del «nucleo storico», che cioè sono riassunti ogni anno per 10-11 mesi, e 400-500 stagionali che integrano gli altri quando c'è tanto lavoro, per cinque-sei mesi l'anno.

«I non storici sarà quasi impossibile riprenderli. Ma sarà difficile anche per una parte degli stagionali storici. Probabilmente non potremo usare tutti i 6 centri di lavorazione e i 19 centri di confezionamento e stoccaggio» precisa Odorizzi. Me c'è di più. L'impatto arriverà sull'indotto, centinaia di trasportatori, camionisti, imballatori. E raccoglitori: le migliaia di stranieri e, sempre più negli ultimi anni, pensionati e studenti trentini e italiani che fanno la raccolta delle mele.

«Ho interessato subito l'assessore provinciale sullo stato di calamità - spiega ancora Odorizzi - che aiuterebbe i lavoratori perché agevolerebbe gli ammortizzatori». I produttori, se non altro, sono in gran parte protetti dall'assicurazione: secondo Codipra ( l'Adige del 22 aprile) il valore assicurato delle mele nonese è pari a 160 milioni. «Ma come consorzio avremo un problema commerciale - prosegue il presidente di Melinda - Avendo poco prodotto da vendere, rischiamo di perdere mercati a favore della concorrenza. E poi, anche l'anno successivo, non sarà facile riconquistarli».

In altre zone i danni sono meno pesanti - ma non assenti - anche per la maggior disponibilità d'acqua che consente sistemi antibrina più diffusi. «Non li abbiamo ancora stimati ma la sensazione è che un danno ci sia» dice il presidente del consorzio La Trentina Rodolfo Brochetti . Tra i piccoli frutti sono state colpite soprattutto le ciliege. Anche tra gli oltre 400 lavoratori stagionali fra La Trentina, Sft, Mezzacorona, Sant'Orsola ci sarà una parte non confermata.

Tra i 10 mila ettari di vigneti trentini, un quarto è stato colpito dal gelo e un decimo danneggiato seriamente, soprattutto in Vallagarina. «Ma per capire i danni effettivi aspettiamo i primi di giugno - spiega il direttore del Consorzio Vini Graziano Molon - e vediamo se le piante ributtano o se non ce la fanno e il danno diventa conclamato».

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