Buona qualità dell'acqua in Trentino Meno a Trento Nord e in Val di Non Incidono aree industriali e pesticidi

È buona la qualità delle acque superficiali in Trentino, con qualche criticità in zone come la val di Non su cui insistono diverse concause, dai fitofarmaci alla depurazione, ma anche sul Lavisotto a Trento Nord, zona dove permangono le problematiche di inquinamento industriale.

Lo dice il rapporto dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (Appa) che controlla periodicamente lo stato di salute delle acque superficiali e ha dedicato al territorio delle Comunità di Valle della Provincia di Trento un monitoraggio costante e approfondito dal 2010 al 2016.

L'APPA RASSICURA

«Circa le condizioni generali delle acque trentine in generale siamo messi bene perché i due terzi delle acque sono in stato di qualità che corrisponde agli obiettivi fissati dalle direttive europee», afferma Raffaella Canepel, direttore dell’Unità organizzativa Acqua di Appa.

«Per un’altra piccola parte - aggiunge - questi obiettivi sono stati raggiunti anche dal punto di vista morfologico: significa che anche l’aspetto legato alla naturalità assume un valore di pregio.

Certo è che una piccola parte di questo patrimonio di acque non ha ancora raggiunto questi obiettivi di qualità. Sono corsi d’acqua che si trovano in realtà, come la valle di Non, dove l’agricoltura viene svolta in maniera intensiva. Altro punto problematico è il rio Lavisotto a Trento: la sua qualità non è buona ed è determinata dall’antica eredità industriale della zona di Trento Nord più altri scarichi industriali attualmente attivi. Una situazione complessa che stiamo affrontando».

PESTICIDI IN VAL DI NON

Le maggiori criticità, sostiene la dirigente dell’Appa, sono state riscontrate soprattutto in val di Non. «Ci sono diverse concause: l’agricoltura molto spinta, ma anche la depurazione imperfetta, perché dal punto di vista orografico la valle ha tanti paesi sparpagliati e diventa difficile agire con una depurazione centralizzata, molto è affidato a piccoli depuratori che non danno le garanzie dei grandi impianti.

È una sorta di cartina al tornasole dell’impatto umano sul territorio: dove è più forte, per vari motivi, ne risente la qualità dell’ambiente».

Uno degli aspetti che saltano all’occhio leggendo il rapporto è la presenza di pesticidi nei corsi d’acqua, come il caso del «clorpirifos» in valle di Non, un fitofarmaco che la letteratura scientifica ha indicato come possibile causa di patologie infantili.

RESPONSABILITÀ

«Noi abbiamo lavorato molto - afferma la dirigente dell’Appa - e premetto che da quando abbiamo avuto sentore di questi problemi abbiamo trovato una grande collaborazione con Apot e con tutto il settore produttivo: sensibilità, ma anche la consapevolezza della responsabilità che queste realtà hanno sul territorio».

«Va detto però - sottolinea Canepel - che “clorpirifos” non lo troviamo più ed era uno dei fitofarmaci determinanti un giudizio di qualità, dal punto di vista chimico, non buono. Grazie ad un Accordo di programma del 2015 con le realtà produttive per limitarne l’immissione in ambiente, nel giro di due anni si è assistito ad un crollo delle concentrazioni tutte al di sotto del limite ammesso dalla norma.

ALTRI FITOFARMACI

Nel 2016 nessun corso d’acqua aveva valori oltre limite. E da quest’anno solo una piccola parte lo utilizza ancora, la maggior parte dei produttori avrà invece una limitazione all’uso».

Riguardo alla situazione inquinamento, la situazione è stabile, rassicura l’Appa. «Uno dei grossi problemi - dice Canepel - è appunto quello dei fitofarmaci, che abbiamo iniziato a monitorare in modo approfondito dal 2013. Le acque rispondono con una certa lentezza, quindi non mi sento di fare grandi bilanci. C’è ancora qualcosa che viene trovato, ma questo ci dà una buona speranza. Poi ci sono altri fitofarmaci diversi dal “clorpirifos” che vengono utilizzati e continuiamo a trovarli».

ATTENZIONE

«C’è però attenzione maggiore e consapevolezza, grande senso di responsabilità da parte del mondo agricolo - dice -. Per fare un esempio: abbiamo censito quest’anno tutti i “carica botte” sul territorio; si tratta di zone in cui l’acqua viene miscelata ai fitofarmaci per i trattamenti. Ce ne sono 320 e alcuni sono in punti sensibili, vicini a corsi d’acqua, possono quindi essere veicoli di contaminazione diretta. Abbiamo però una buona mappatura e abbiamo richiesto un adeguamento delle misure di sicurezza per limitare al massimo le problematiche».

IL COMITATO PER IL DIRITTO ALLA SALUTE IN VAL DI NON

Intanto il Comitato cittadino per il diritto alla salute in una nota scrive: «Anche quest'anno purtroppo nelle aree frutticole intensive della mela trentina coltivate con il metodo della lotta integrata sono iniziati i trattamenti con pesticidi. Conseguentemente si riduce la libera fruibilità del territorio ed il piacere dell’imminente arrivo della primavera.

Il CDS offre il servizio di informare sulle sostanze attive e sui pesticidi che probabilmente utilizzeranno gli agricoltori in questo periodo. In tal modo si potrà valutare come e quando utilizzare l’ambiente esterno. E così forniscono una tabella sull'uso di insetticidi, diserbanti e fungicidi. «Si consiglia la massima attenzione a minimizzare le esposizioni, ad evitare di avvicinarsi ad atomizzatori e ai campi trattati, soprattutto per bambini, donne in gravidanza e ammalati».

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