Nel carcere «modello» regna l'alienazione «Così la rieducazione resta un sogno»

Alienati, soli, senza la prospettiva di un percorso educativo e di lavoro che consenta loro una reale rieducazione e un futuro diverso e migliore. Sono i detenuti del carcere di Spini di Gardolo come li descrive un sondaggio realizzato dalla Camera penale di Trento. I risultati della ricerca, condotta anche grazie alla collaborazione del deputato Florian Kronbichler, sono stati illustrati dagli avvocati Stefano Daldoss (presidente della Camera penale di Trento), Filippo Fedrizzi (membro dell'Osservatorio nazionale carceri) e Gabrio Stenico (che ha curato raccolta ed elaborazione dei dati). Il primo febbraio del 2016 ai detenuti sono stati distribuiti in totale 351 questionari (a 338 uomini e 12 donne). Hanno risposto circa le metà dei carcerati (in totale 170, tra cui tutte le 9 donne). Secondo l'avvocato Fedrizzi parte di chi non ha risposto aveva paura di ritorsioni, benché a tutti venisse garantito l'anonimato. Forse ha pesato anche la barriera linguistica: oltre il 60% dei detenuti sono extracomunitari, molti hanno difficoltà a parlare e scrivere in italiano. I 170 questionari compilati sono comunque un numero significativo da cui la Camera penale trae importanti indicazioni. La prima è che in una situazione di cronica carenza di personale tra le fila della polizia penitenziaria e con celle sovraffollate non si può fare riabilitazione. «Il carcere che doveva essere un modello - sottolinea Daldoss - sta diventando una cattedrale nel deserto che per di più deperisce perché il Ministero non solo non investe in risorse umane, ma non si cura di fare lavori di manutenzione». 
Vediamo i temi toccati dal sondaggio. 

Detenuti alienati. 
Le media di permanenza a Spini dei detenuti intervistati è solo di 8 mesi e 11 giorni. Alla domanda «Può descriverci le sue condizioni di vita quotidiana?» le risposte sono soprattutto negative: «troppa sofferenza» (11,7%), «monotonia della vita» (7,3%), «buona qualità della vita» 5,8%). La metà dei detenuti non ha mai ricevuto visite in carcere e solo il 14% «una o più volte alla settimana». Il 43% sostiene che durante i colloqui non è garantita la riservatezza. Il 33% non ha mai ricevuto corrispondenza. 

Alloggio adeguato.
Gli aspetti "alberghieri" vengono nella sostanza promossi: la cella (nata per ospitare 2 persone oggi viene occupata in genere da 4) è valutata positivamente dal 55,9% degli intervistati. La maggioranza dorme in letti a castello, in celle con lavabo, doccia e gabinetto. Il riscaldamento è adeguato. Male invece il fronte cibo: il 54% parla negativamente dell'alimentazione. 

Assistenza sanitaria «promossa».
Il 70% dichiara di aver avuto bisogno di medico, infermiere o psicologo. Ben il 39% è stato visitato lo stesso giorno della richiesta. Il 29% è entrato in contatto con Il Serd (Servizio per le dipendenze).  

Diritti, tasto dolente.
La Camera penale segnala come il 62% degli intervistati sostenga di non essere stato informato dei suoi diritti all'ingresso in carcere. Su questo fronte gli avvocati penalisti segnalano la mancanza di un regolamento, sostituito da ordini di servizio. Il 34% sostiene di non aver mai ottenuto il colloquio richiesto con il magistrato di sorveglianza. Nel 56% dei casi ad un'istanza presentata al direttore si riceve risposta dopo oltre due settimane. Tempi lunghi nelle risposte si segnalano anche per le istanze al Tribunale di sorveglianza: 36% dichiara oltre tre mesi. Anche gli avvocati devono fare qualche autocritica: alla richiesta di colloquio con un legale il 24% dei detenuti non ha ottenuto risposte.  

Lavoro e formazione.
I l 47% dichiara di aver lavorato, ma in media solo 1 mese e 11 giorni. Il lavoro più comune è quello di scopino, seguono porta-vitto e lavori di assemblaggio. Il 63% dichiara di non aver partecipato ad attività di formazione e lavoro, chi lo ha fatto in media solo per 1 mese e 5 giorni.  

Sport e svago.
Il 41% sostiene di aver svolto attività sportiva, il 52% dice di no. Chi ha potuto dedicarsi allo sport ha frequentato soprattutto la palestra (27%), in pochi hanno sfruttato (per mancanza di personale di custodia) il bel campo da calcio del carcere (19%). Frequentata e apprezzata è la biblioteca. 

Il bilancio finale.
Ai detenuti è stata data la possibilità di esprimere «considerazioni personali sulla esperienza in carcere». L'8,9% denuncia «troppa sofferenza», il 6,4 «violenza da parte degli agenti» (tema delicato, ma l'avvocato Fedrizzi conferma di aver ricevuto confidenze in tal senso); il 10,7% parla di «esperienza negativa» e solo il 4,2 dei detenuti dà un «giudizio positivo». 

Il quadro non è positivo. Secondo i penalisti il carcere è troppo affollato («importiamo detenuti da altre province») e soprattutto mancano agenti di polizia penitenziaria per avviare le attività trattamentali senza cui non ci sono percorsi di recupero. «C'è troppa solitudine - sottolineano gli avvocati penalisti - il carcere di Spini è fisicamente spersonalizzante, come dimostrano i 4 suicidi dell'anno scorso».

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