Ladri d'auto identificati grazie a due impronte

È bastata mezza impronta, rilevata dalla polizia su uno specchietto retrovisore, per identificare gli autori di un furto d’auto.

La vicenda non è di particolare rilievo criminale, ma dimostra come nell’epoca degli smartphone i tradizionali metodi di indagine siano ancora importanti e spesso decisivi.

La vicenda risale al novembre dell’anno scorso. A Gardolo viene rubata un’automobile: si tratta di una Lancia Y10. Il mezzo viene rinvenuto da una Volante, non lontano dal luogo del furto, solo pochi giorni dopo. Verrebbe da pensare che su una vicenda così ordinaria non vengano condotte indagini approfondite. Invece non è così. Prima di riconsegnare la Lancia Y10 ai legittimi proprietari, gli investigatori della polizia scientifica hanno cercato sulla vettura tracce che potessero condurre fino al ladro.

Grazie ad un attento esame interno ed esterno del veicolo, gli agenti hanno isolato due tracce potenzialmente interessanti: un’impronta parziale di un dito, rilevata su un specchietto retrovisore, e l’impronta, sia pur incompleta, di un palmo della mano trovata su un pacchetto di sigarette rinvenuto in auto.
I due reperti sono stati inviati a Padova, dove si trovano i laboratori del gabinetto interregionale di polizia scientifica. Il responso è stato positivo. Dopo aver prima ricostruito a computer le impronte, queste sono state inserite nella banca dati. E la risposta è stata un «bingo» investigativo: sono usciti i nomi di due soggetti conosciuti alle forze dell’ordine.

I ladri sono due stranieri - di appena 21 e 19 anni - residenti regolarmente a Trento. Uno dei due ha persino restituito le chiavi della Y10 rubata. Entrambi sono stati denunciati a piede libero per furto in concorso.

Tutto ciò dimostra ancora una volta l’importanza nel contrasto della criminalità, micro o macro che sia, del controllo del territorio e delle banche dati, di impronte digitali e dna in particolare.
Le impronte digitali fanno ormai parte della storia delle indagini di polizia scientifica. Sono  una fonte di prova di elevata affidabilità perché identificano, con margini di errore quasi nulli,  l’individuo che le ha lasciate sulla scena del crimine. Le impronte si formano definitivamente nel feto all’ottavo mese di gravidanza e non cambiano per tutta la vita. In caso di graffi o tagli, la pelle dei polpastrelli ricresce con le stesse caratteristiche. Modificarle chirurgicamente è quasi impossibile: un medico riconoscerebbe a occhio nudo che la cresta originaria è stata sostituita da una cicatrice.

La procedura per il rilievo di impronte (o tracce) prevede l’applicazione sulle superfici dure e non assorbenti di di una polvere a base di alluminio, di carbone o di sostanze fluorescenti, capace di aderire alle tracce di sebo eventualmente presenti e, quindi, di evidenziare le impronte. Una volta «lavorata» in laboratorio, l’impronta viene poi inserita nelle banca dati dove particolari software consentono una comparazione in tempi molto rapidi. Non a caso, da sempre,  tra i ferri del mestiere di un qualsiasi malvivente ci sono, per cominciare, un paio di guanti.

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