Condanna per lo sponsor Mosna: «Faremo appello»

Trentino Volley, il presidente: «Sono esterrefatto»

Poteva chiudere il conto con la giustizia pagando un’ammenda di 1.300 euro, ma Diego Mosna puntava ad un’assoluzione piena ed ha preferito affrontare un processo, deciso a dimostrare che la sponsorizzazione per la Champions League della PlanetWin365, società austriaca di scommesse online, era legittima.

Ma ieri la giudice Greta Mancini lo ha condannato a 15 giorni di reclusione e 100 euro di ammenda (pena sospesa). Scontato l’appello della difesa, sostenuta dall’avvocato Bonifacio Giudiceandrea.

Diego Mosna deve rispondere di violazione dell’articolo 4, comma 2 della legge 401 del 1989, la norma che regolamenta le attività di gioco e scommesse anche in relazione alla pubblicità.

In particolare Mosna, quale legale rappresentante della società sportiva, è imputato per aver «consentito di pubblicizzare - recita il capo di imputazione - sul sito internet della Trentino Volley, sulle maglie dei giocatori e sui cartelloni pubblicitari posti ai lati del campo di gioco, il marchio “PlanetWin365”, bookmaker europeo che promuove il gioco online di scommesse, non autorizzato dall’AAMS (l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ndr) ad operare in Italia».

Per questo Mosna era stato raggiunto da un decreto penale di condanna da 1.300, che però la difesa aveva impugnato.

PlanetWin365 è un bookmaker europeo dove è possibile scommettere praticamente su qualsiasi sport (dal cricket agli scacchi, dal calcio alle olimpiadi). All’epoca del campionato di Champions League di volley 2011/2012 aveva un’autorizzazione europea, che tuttavia secondo l’accusa non consentiva sponsorizzazioni in Italia.

Ma proprio su questo punto la difesa ha dato battaglia, evidenziando in primis che l’autorizzazione europea era valida anche per l’Italia, forte di sentenze della Corte di giustizia europea, secondo cui «una normativa nazionale che vieta l’esercizio di attività di raccolta, di accettazione, di registrazione e trasmissione di proposte di scommesse, in particolare sugli eventi sportivi, in assenza di concessione o di autorizzazione di Polizia rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento nonché alla libera prestazione dei servizi previsti rispettivamente dagli articoli 43 e 49 Ce».

Inoltre la difesa ha ricordato che la società austriaca ha poi ottenuto anche l’autorizzazione italiana. Ma il Tribunale è giunto a conclusioni diverse: da qui la condanna. Ora si dovranno attendere le motivazioni, ma l’appello è scontato.

Palpabile l’amarezza di Mosna, raggiunto dalla notizia ad Hong Kong: «Sono esterrefatto». «Ho riletto la nostra memoria e mi pare incredibile questa condanna - dice - Sicuramente andrò avanti, perché ci sono altre cinque o dieci società che pubblicizzavano in Italia, noi lo abbiamo fatto all’estero per la coppa europea, e nessun altra ha avuto azioni giudiziarie».

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