Sesto Fiorentino, migrante muore nel rogo in un capannone dormitorio

Un uomo è morto nel rogo di un capannone in disuso a Sesto Fiorentino (Firenze) usato come rifugio da un centinaio di somali.

L'uomo era il più grave dei tre feriti nell'incendio scoppiato ieri sera nel capannone che un tempo ospitava l'ex mobilificio Aiazzone. La struttura è occupata dai cittadini extracomunitari da circa due anni.

L'uomo, 44enne (non un trentenen come sembrava in un primo momento), somalo, era stato trovato dai vigili del fuoco all'interno del fabbricato. Le sue condizioni erano state giudicate fin da subito critiche ed era stata a lungo rianimato. Poi la corsa verso l'ospedale, ma inutilmente.

In seguito all'incendio è stato deciso di montare due grandi tende nella vicina piazza Marconi per ospitare le persone rimaste senza un alloggio, circa un' ottantina di extracomunitari, per lo più somali. Il sindaco di Sesto, arrivato anche lui in via Avogadro, ha contattato i comuni limitrofi e il prefetto per trovare una soluzione per l'accoglienza.

Ma gli occupanti non vogliono allontanarsi né essere divisi. A decine gli extracomunitari sono rimasti vicino al fabbricato dove sono scoppiate le fiamme che hanno fatto un morto mentre altre due persone sono finite in ospedale perché intossicate: entrambe non sarebbero gravi.

Lo stabile, che un tempo ospitava il mobilificio Aiazzone, era stato occupato nel dicembre 2014 da una cinquantina di extracomunitari, tutti, secondo quanto spiegato all'epoca dal Movimento di lotta per la casa, profughi richiedenti asilo che erano stati in precedenza ospitati per alcuni mesi in strutture di accoglienza.

«La situazione qui è ingestibile, abbiamo circa 80 persone e due tende senza riscaldamento che ne possono contenere al massimo 20 ciascuna». Così Serena Leoni, la coordinatrice dell’organizzazione umanitaria Medici per i diritti umani (Medu), che assiste le persone che da quasi due anni avevano trovato riparo nel capannone.
«Le persone hanno chiesto almeno dei bagni chimici che per ora non sono arrivati - dice ancora -, dovrebbe fornirli il Comune di Sesto Fiorentino che sta organizzando anche un pranzo». Stando a quanto affermato dall’esponente dell’ organizzazione umanitaria, «il Comune di Sesto starebbe cercando un contatto con quello di Firenze per arrivare a una soluzione condivisa». «Fa freddo, qui - prosegue - si può stare uno, al massimo due giorni».
In base alle informazioni in possesso di ‘Medici per i diritti umanì, dal maggio del 2015 nel capannone viveva una comunità di persone di nazionalità somala ed etiope, molte delle quali arrivate dopo lo sgombero di uno stabile occupato in via Slataper, a Firenze. «Si tratta di una comunità mobile - afferma Leoni -, dentro al capannone ci stavano dalle 70 alle 150 persone a seconda del periodo dell’anno».
Quanto alle cause del rogo «non conosciamo l’esatta dinamica», afferma ancora Serena Leoni. «Di certo - prosegue - c’è che lo scorso gennaio le forze dell’ordine avevano staccato la corrente», a cui gli occupanti si erano allacciati abusivamente. A seguito dell’episodio, spiega sempre Leoni, «loro si erano ricollegati con un impianto di fortuna». All’ interno, aggiunge «lo stabile era stato diviso con pannelli di compensato per creare stanze singole, quando pioveva i locali si allagavano e c’erano fili scoperti».

 

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