Incontro in Commissariato del Governo I profughi decidono di non andarci

La richiesta di allontanamento per nove profughi che hanno fatto parte della protesta in via Brennero non è legata solo alla manifestazione di venerdì: «Ci sono stati episodi di violenza e minacce agli operatori», ha spiegato ieri Pierluigi La Spada, direttore di Cinformi. In mattinata la delegazione di migranti prevista alla sede del commissariato del governo non si è presentata, come invece gli stessi profughi avevano promesso: nel pomeriggio il vicario del commissario del governo, Domenico Lione, li ha quindi raggiunti alla residenza di via Brennero: «Chiedono soldi in contanti, ma ho spiegato loro che la Provincia e gli altri enti non possono darli. Queste sono le regole dell'assistenza».


Ugo Rossi: regole da rispettare

Garantire la sicurezza nei luoghi deputati all'accoglienza e allo stesso tempo necessità di adottare i provvedimenti previsti dalla legge nei confronti di chi viola le regole. Sono le richieste ribadite oggi dal Governatore del Trentino, Ugo Rossi in una nuova lettera inviata al Commissariato del Governo in relazione agli episodi di venerdì scorso e di questa mattina quando un gruppo di persone in corso di identificazione è entrato senza autorizzazione nei locali della residenza di via Brennero a Trento. 

«Il sostituto commissario ci ha chiesto per ragioni di ordine pubblico di tenere in quella sede il previsto incontro con i responsabili della manifestazione di venerdì - ha spiegato Rossi - e ovviamente abbiamo acconsentito ribadendo però con forza che si prendano provvedimenti per evitare ingressi indebiti perché in tal caso è necessario procedere con lo sgombero. Parimenti abbiamo ribadito con forza la necessità di espellere dal programma di accoglienza chi non rispetta le regole, con relativa adozione degli adempimenti di legge che competono allo Stato italiano».

«Il Trentino è terra di solidarietà - ha aggiunto l'assessore Luca Zeni - ma alla serietà della comunità trentina devono corrispondere responsabilità e rispetto da parte di coloro che ricevono accoglienza dentro il programma per i richiedenti asilo».


Le precisazioni di Cinformi

Il responsabile di Cinformi Piergiorgio La Spada ha intanto precisato che la richiesta formale di allontanamento dal progetto di accoglienza trentino di nove persone è stata presa non per la manifestazione non autorizzata della settimana scorsa ma perché i diretti interessati si sono resi protagonisti all'interno della struttura che li ospita di comportamenti non rispettosi del regolamento interno. 

[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"1138086","attributes":{"alt":"","class":"media-image"}}]]

Protesta in via Brennero

 


 
Il giorno dopo la protesta
 
Nel calcetto posto appena fuori dall'ingresso della Residenza Brennero è valido «rullare». E anche chi fa il «gancio» non viene punito. Gli omini sono blu e rossi, il punteggio arriva fino al 10, chi vince la partita gioca ancora, chi perde lascia il posto e i ragazzi considerano cappotto il 5-0. Se avviene, però, non si passa sotto il tavolo. Il giorno dopo, ovvero la quiete dopo la tempesta (o meglio la pioggerellina inglese), si riduce solamente al racconto di qualche partita a calcio balilla. Sia la mattina sia il pomeriggio, infatti, la situazione in via Brennero è di assoluta tranquillità e normalità. Camionette della polizia, forze dell'ordine in assetto antisommossa, traffico bloccato, macchine fotografie e videocamere, politici e giornalisti sono già acqua passata.
 
Nel piazzale dell'ex benzinaio qualcuno lava la macchina, mentre all'ex Star Oil gli operai lavorano: i richiedenti asilo, però, sono troppo giovani per essere attirati da un cantiere e dal guardare per ore i lavori. I ragazzi africani che vediamo fuori dalla struttura non si rendono conto del polverone sociale e politico che la loro breve protesta ha creato. Salutano e proseguono nella partita. «Adesso facciamo Senegal contro Marocco». E via con le rullate.
 
«Ieri? Io non c'ero, ero in camera. Ma oggi è tranquillo, non è successo niente». «Se abbiamo visto qualcuno? No, oggi gli operatori non ci sono, è sabato». Ma qualche capo? Qualcuno in giacca e cravatta che è venuto a tirarvi le orecchie? «No, no. Nessuno». Intanto il Senegal batte il Marocco e si inizia una nuova sfida. «Paul Pogba! Io sono Paul Pogba! E allora i blu sono la Juventus». «Va bene. Io sono il Real Madrid. Anzi no, sono il Chelsea, che è più forte e mi piace». I giovani giocano: ci pare di riconoscere tra di loro uno che venerdì pomeriggio è sceso in strada. «L'incontro con il governo di lunedì? Non so, hanno promesso che si farà, ma non ci hanno più detto altro. Come vedi quella protesta è finita, è tutto tranquillo. Lunedì parleranno con il governo». Intanto un altro gol: Paul Pogba. 
 
Un paio di ragazzi rientrano nella Residenza, un altro paio escono. Cinque o sei si radunano intorno al calcetto. Cuffie nelle orecchie con un po' di musica, ciabatte ai piedi, jeans a cavallo basso o pantaloncini corti, cappellino da basket in testa. Ragazzi. Anzi ragazzini. Che il giorno dopo la «marachella» si sono presi, anzi si prenderanno, un bel castigo: ma la vita va avanti, in totale tranquillità. E torna in mente una delle motivazioni della loro protesta: «Non abbiamo niente da fare». Effettivamente una partita a calcetto è divertente, la seconda anche, la terza pure. Ma poi riempire tutta la giornata di rullate e ganci diventa perlomeno noioso. Altro gol, altra partita. Scappa anche una parolaccia in italiano per un palo: forse un segnale di integrazione. Salutiamo, ci salutano. Ce ne andiamo, loro restano. E riflettiamo sul fatto che la Juventus ha appena perso con il Chelsea, nonostante Pogba.
 
D'altra parte i bianconeri sono invincibili in Italia, ma in Europa faticano. E questa è forse l'unica (non) notizia da via Brennero. La noiosa quiete dopo la breve tempesta: una tempesta che però tornerà di sicuro, perché giocare a calcetto dopo un po' stufa.

 
L'intervista a Luca Zeni
 
Quella protesta, seppur non violenta, e quel blocco del traffico a favore di telecamere e macchine fotografiche, non è andato giù a nessuno in Provincia (i fatti). Prima le opposizioni «scatenate» con tweet, post, comunicati e conferenze stampa. Poi la reazione, immediata, del presidente Ugo Rossi. Anche il giorno dopo, a freddo, il giudizio su quanto accaduto non cambia di una virgola: nessuna giustificazione e nessuna comprensione verso quei ragazzi.
 
L’assessore alle politiche sociali Luca Zeni lo conferma. «Noi gestiamo con serietà l’accoglienza, siamo un modello. Loro devono dimostrare pari serietà e rispettare le regole. Se non lo fanno ci sono sanzioni disciplinari». Sanzioni già richieste venerdì, poco dopo che i richiedenti asilo erano rientrati nella Residenza Brennero al termine della protesta. «Abbiamo inviato la richiesta formale di allontanamento dal progetto di accoglienza trentino di nove persone. Abbiamo mandato tutto al commissario del governo che adesso valuterà la nostra richiesta e poi prenderà dei provvedimenti. Diciamo che chiediamo allo stato di prendersi cura di loro». 
 

Protesta in via Brennero

 
 
Domani, assessore Zeni, ci sarà l’incontro tra alcuni dei ragazzi e i rappresentanti del commissariato del governo? 
 
«Il promotore dell’incontro è stato proprio il commissariato: si trattava anche di un modo per far terminare la protesta e per stemperare la tensione che c’era venerdì. Credo proprio si farà».
 
Ma come Provincia, personalmente o tramite Cinformi, non potreste fare la classica «ramanzina» e chiudere la questione? 
 
«Quello che possiamo fare come Pat è limitato: se qualcuno sgarra possiamo togliere il pocket money oppure se ci sono casi di convivenze difficili in una struttura possiamo fare degli spostamenti. Per episodi più gravi possiamo segnalare e avanzare una richiesta». 
 
A freddo, valutato con calma quanto accaduto, c’è qualche margine per una sorta di «perdono»? 
 
«Non cambiamo idea: l’approccio deve essere rigoroso e pretendiamo il rispetto delle regole». 
 
Il richiedente asilo che abbiamo intervistato ieri ha 17 anni e da 2 è a Trento in attesa. C’è una soluzione per questo? 
 
«Quello che stiamo proponendo è l’unica soluzione: piccoli gruppi per rendere più facile il coinvolgimento sociale, coinvolgere diocesi, associazioni e società per fargli fare attività di volontariato. Certamente, però, i due anni di attesa non sono accettabili. Abbiamo chiesto di velocizzare, ma questa competenza è nazionale, non nostra».
 
Una cosa che hanno detto i ragazzi che protestavano venerdì in via Brennero ci ha colpito: «Non possiamo lavorare e guadagnarci i soldi per vivere una vita normale. Due anni senza fare nulla sono lunghi. Cosa dobbiamo fare? Spacciare? Rubare?». Cosa ne pensa? 
 
«Ribadisco che l’attesa così lunga non va assolutamente bene e su quei tempi ci giochiamo tanti aspetti importanti. Detto questo la loro non è una scusa legittima. Qui trovano un sistema che funziona e sono tutelati: questo devono riconoscerlo. Hanno tirocini e attività di volontariato per mettersi in luce. Il mio invito è a rimboccarsi le maniche e cogliere le opportunità per costruirsi un futuro».
comments powered by Disqus