Si rischia il caos sugli orari dei medici

La nuova normativa sugli orari di lavoro e in particolare sui riposi di medici e infermieri, rischia di mandare nel caos la sanità trentina

di Patrizia Todesco

Niente deroghe, nessuna possibilità di modifiche all’ultimo momento. Il capo del personale dell’Azienda sanitaria, il dottor Paolo Federici, ha inviato una comunicazione a tutti i primari per informarli che a partire dal 25 novembre la nuova normativa sugli orari di lavoro e in particolare sui riposi, deve essere rispettata. Senza attendere l’incontro di oggi con i sindacati, dunque, l’Azienda sanitaria sembra già mettere le mani avanti e invitare coloro che sono chiamati alla redazione dei turni (che peraltro per il mese di novembre sono già stati compilati) ad organizzarsi. La conseguenza sarà inevitabilmente un taglio delle ore di ambulatorio e delle sedute operatorie. La situazione poi si presenta ancora più «tragica» per gli ospedali di valle, dove molti turni erano coperti con le pronte disponibilità. 

Del resto, anche i sindacati sembrano poco propensi a scendere a patti.

Il Nursing up - il sindacato degli infermieri - ad esempio, fa sapere di «respingere al mittente, cioè all’assessore Zeni, la proposta di disciplinare in Apran tramite specifico accordo le deroghe sulle 11 ore. La materia deve essere disciplinata all’interno del rinnovo contrattuale, così come prevede la norma, dove si dovrà parlare anche di assunzioni, condizioni di lavoro umane, valorizzazioni di competenze e professionalità, rischio professionale, fasce economiche».

Quanto alle sigle sindacali Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, nei giorni scorsi avevano inviato a livello nazionale una nota dove si diceva: «No a deroghe, ma sì a un confronto, in sede di rinnovo del contratto nazionale, su orari di lavoro e organizzazione».
«Dopo anni in cui il problema è stato colpevolmente ignorato e lasciato marcire - hanno dichiarato i sindacati - non siamo disponibili ad affrontare una trattativa che abbia come obiettivo quello di definire deroghe all’applicazione delle norme europee e nazionali in materia di orario e riposi. Che vorrebbe dire continuare a scaricare sul personale sanitario gli effetti di una colpevole inerzia da parte di chi avrebbe dovuto provvedere alla riorganizzazione». Sulla stessa lunghezza d’onda anche la Cimo.


IL PIANO DELLA SALUTE

Dopo essere stato modificato grazie a 1.200 contributi, tra commenti e proposte (due terzi dei quali sono stati accolti), il testo finale (o quasi) del Piano per la salute del Trentino 2015-2025 è stato pubblicato online e sarà presentato ufficialmente giovedì prossimo in un seminario che si terrà nella mattinata del 19 novembre presso l’Auditorium del Centro Servizi Sanitari di viale Verona.

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Scopo del Piano per la salute è quello di aumentare gli anni di vita vissuti in buona salute e benessere; ridurre l’insorgere di malattie evitabili; diminuire le disuguaglianze sociali nella salute; rafforzare il potere decisionale dei singoli e della comunità e mettere a disposizione delle persone un sistema di servizi in grado di rispondere in modo efficace, sicuro ed equo ai bisogni sociali e sanitari.
Nella premessa vengono indicati i macro-obiettivi tematici che sono più anni di vita in buona salute, un contesto di vita e di lavoro favorevole alla salute e un sistema sociosanitario con la persona al centro e servizi alla persona più vicini al cittadino. Per quanto riguarda i macro-obiettivi trasversali, invece, si punta sulla riduzione delle disuguaglianze sociali nella salute e sul miglioramento della comunicazione tra istituzioni e cittadinanza.
Innanzitutto il Piano è partito da una «fotografia» della situazione della salute dei trentini. Ogni anno nella nostra provincia muoiono tra le 4.500 e le 4.800 persone, soprattutto per malattie cardiovascolari e tumori (2/3). Si stima poi che in Trentino ogni anno si verifichino 700 decessi entro i 75 anni per cause potenzialmente evitabili e che i meno abbienti siano più esposti a comportamenti dannosi per la salute.
«La sfida, in Trentino come nel resto d‘Italia - si legge - è rappresentata dal rendere i servizi più vicini al cittadino, più efficaci, efficienti, equi e sostenibili, garantendo in maniera universale i livelli essenziali di assistenza (Lea). L’importanza della prevenzione, con il contrasto dei principali fattori di rischio, e ottimizzare il sistema dei servizi è poi sottolineata più volte. Dal punto di vista dell’assistenza emerge la necessità di una maggiore integrazione sociosanitaria, di una riorganizzazione della rete ospedaliera e delle cure primarie sul territorio, il tutto rendendo più efficiente la prima e potenziando la seconda. Area per area sono poi elencati gli interventi da effettuare. Ambiziosi, ad esempio, i progetti a sostegno della genitorialità, l’attenzione richiesta alla diagnosi precoce in età pediatrica e l’attenzione alla salute in adolescenza
Nel piano viene sottolineata la necessità di creare una «costituente» della medicina generale in quanto la figura del professionista che lavora da solo appare desueta. Si punta al lavoro d’equipe con il medico che lavora fianco a fianco con altre figure professionali (infermieri, assistenti sociali e altre) per assicurare tutte le complesse funzioni che un approccio di attenzione alla persona richiede. Sempre sul fronte dell’assistenza poche righe sono dedicate alla rete ospedaliera Hub e Spoke, mentre invece viene introdotto il concetto di cure intermedie, ossia una modalità di assistenza per le persone in specifiche situazioni di complessità transitoria. «Non si tratta di costruire nuovi luoghi di cura - si legge nel testo - ma di individuare possibili soluzioni anche all’interno di strutture esistenti. Sul fronte degli sprechi viene nuovamente sottolineata la necessità di sviluppare un monitoraggio dell’appropriatezza delle prescrizioni farmaceutiche e di contenere il ricorso alla diagnostica per immagini.

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