A Trento padre Pizzaballa, il custode di Terra Santa «Migrazioni fenomeno inarrestabile che va governato»

«Non è una crisi passeggera, ma è inarrestabile e l’Europa diventerà pluriculturale e plurireligiosa. Sarà un mondo diverso, c’è chi dice meticcio, perché culture, lingue e religioni saranno mischiate». Così da Trento il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, a proposito della crisi dell’Europa di fronte alle migrazioni in corso dall’Africa e dal Medioriente.

Padre Pizzaballa è in città per ricordare un francescano trentino scomparso lo scorso anno, padre Pietro Kaswalder, che per 35 anni aveva operato a Gerusalemme. Previsti nel corso della visita anche un incontro pubblico proprio sulla complessità della situazione in Terra Santa e una visita alla Campana dei caduti di Rovereto, simbolo di pace.

«Dal punto di vista sociale - ha proseguito a proposito dei flussi di profughi e migranti - non potendo fermare queste persone, bisogna gestirle con realismo e credo che l’Europa abbia tutte le caratteristiche per farlo. Non è la prima volta.

Non è la fine, ma un cambiamento. Certo ci sono da fare i conti con egoismo e paura, perchè la “torta”, per così dire, sarà da dividere in più fette e la paura è nell’impressione che il mondo a cui apparteniamo sparisca. Ma è un cambiamento, non la fine del mondo. Dal punto di vista religioso vivo in un contesto dove i cristiani sono l’1% e i cattolici uno zero virgola, ma sono rimasto cattolico e posso esprimere la mia fede».

Quanto a una delle più tragiche aree attuali di conflitto, il custode di Terra Santa ha affermato: «La Siria è in una situazione drammatica, il Paese non c’è più. È controllato in parte dal Daesh (o Isis), in parte da al Qaeda e per il resto da nessuno: è in mano a bande. Non è la prima volta che c’è una guerra in Medioriente e la gente ogni volta diceva che la guerra finisce, poi ricomincia, ma ora non si capiscono le prospettive per il futuro. Chi rimarrà in Siria? Il Daesh? O al Qaida? O bande di guerriglieri senza guida?».

«Ci sono 7 milioni di siriani - ha aggiunto - sfollati all’interno, altri milioni sono usciti dal Paese, le infrastrutture sono saltate, Aleppo è senza acqua e elettricità e altrove c’è per tre o sei ore al giorno, la maggior parte degli ospedali sono distrutti, le scuole sono tutte musulmane e dove non lo sono non ci sono più, mentre le armi continuano a entrare dalla Turchia».

Il religioso ha fornito anche alcuni spunti sulla minaccia violenta e spietata rappresentata dal terrorismo del califfato islamico e sulla attrattiva che ha per il reclutamento di musulmani: «Il Daesh (o Isis) ha una forte attrattiva sui musulmani sia in Occidente che in Oriente per ragioni diverse a seconda dei Paesi. In Oriente spesso è il contesto sociale, politico e culturale di grandissima povertà a contare, anche se bisogna fare distinzioni da Paese a Paese. In Occidente, e non riguarda solo le periferie di Parigi, ma anche persone integrate economicamente, è evidente che oltre al contesto sociale contino gli elementi identitari e culturali, cioè il bisogno di un contesto chiaro: il fondamentalismo fornisce risposte chiare e semplici a concetti complessi».

«Se pensiamo al significato del fatto che l’uomo non abbia bisogno di solo pane - ha aggiunto - , significa che ha anche bisogno di nutrire lo spirito e nel senso più ampio, anche culturale. Certo rimane la domanda di come si faccia a credere a certe affermazioni. In Oriente il Daesh appare ai musulmani come un elemento forte che risponde a bisogni sociali invece, come il lavoro, oppure nel suo richiamo all’unità del popolo musulmano, con una forza a cui i piccoli leader musulmani possono fare ben poco per contrastare».

Pizzaballa ha menzionato l’appello dei due rabbini capo di Israele, David Lau e Yitzhak Yosef, ai leader religiosi islamici a «lavorare insieme per arrestare immediatamente la violenza a Gerusalemme e nei suoi dintorni».

Secondo il custode di Terra Santa, «è notevole e anche raro che due rabbini chiamino a qualcosa pacificamente. Anche i musulmani dovrebbero farlo. Quanto ai cristiani, è noto come numericamente siano irrilevanti nel contesto».

«Ci si deve credere - ha aggiunto - alla possibilità della pace a Gerusalemme, anche se ora - ha aggiunto - le condizioni per una pace stabile e duratura non ci sono per ragioni politiche e religiose. È il tempo dell’attesa, ma le condizioni bisogna crearle e i leader religiosi possono avere un ruolo forte. I fondamentalisti dicono che il dialogo equivale a negare se stessi, ma senza dialogo tutte le prospettive di pace si arenano: Oslo insegna, non basta un accordo di pace, bisogna creare il contesto».

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