Blitz anticamorra, arrestato in Trentino il presidente di Cpl Concordia

Sono stati i carabinieri del Noe di Trento a eseguire uno degli otto arresti realizzati nell’ambito del blitz anticamorra che ha scosso la Campania (e non solo...). Si tratta di Roberto Casari, presidente della Cpl Concordia (nella foto), la società cooperativa di Modena al centro dell’inchiesta  sugli appalti per la metanizzazione di alcuni comuni campani. Casari è stato arrestato nel suo domicilio in un paesino della val di Non, dove era già ai domiciliari.

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Le indagini hanno portato a otto misure cautelari, di cui sei arresti. L’inchiesta, che riguarda i rapporti con i clan dei Casalesi relativi ad appalti per la metanizzazione in vari comuni del Casertano, è coordinata dal procuratore aggiunto di Napoli Giuseppe Borrelli e dai pm della Direzione Distrettuale Antimafia Catello Maresca e Cesare Sirignano.

Tra le accuse contestate vi sono quelle di associazione per delinquere e concorso esterno in associazione mafiosa. Indagato anche Lorenzo Diana, 66 anni, originario di San Cipriano d’Aversa (Caserta), già deputato dell’Ulivo e molto noto per il suo impegno e la sua lotta contro la camorra e la criminalità organizzata. È stato più volte minacciato dal clan dei Casalesi che progettò anche di ucciderlo. Roberto Saviano lo cita in «Gomorra» indicandolo come un eroe della lotta alle mafie.

Gli arrestati
Quattro manager di Cpl Concordia e due imprenditori: sono i sei arrestati nell’ambito del filone di inchiesta della Dda di Napoli (pm Catello Maresca e Cesare Sirignano, procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli) e dei carabinieri del comando Tutela ambiente del colonnello Sergio De Caprio, il «Capitano Ultimo» che arrestò Totò Riina.
In particolare in carcere è finito Roberto Casari, ex presidente della Cpl Concordia, già ai domiciliari per la vicenda degli appalti di Ischia; gli imprenditori casertani Antonio Piccolo e Claudio Schiavone e Giuseppe Cinquanta, romano, responsabile commerciale Cpl per Lazio, Campania e Sardegna dal 1997 al 2005.
Ai domiciliari sono invece finiti Giulio Lancia, di San Vincenzo Valle Rovereto (L’Aquila), responsabile di cantiere e capo commessa della Cpl Concorda Bacino Campania dal 2000 al 2003 e Pasquale Matano, della provincia di Caserta, in qualità di responsabile di esercizio della Cpl distribuzione.
In particolare, i quattro manager di Cpl Concordia sono indagati per concorso esterno in associazione mafiosa per essersi accordati con clan della camorra dei Casalesi, in particolare con i reggenti delle cosche Schiavone e Zagaria, che gestivano l’affare della metanizzazione nell’agro aversano.
Secondo l’accusa avrebbero ricevuto dai clan sostegno di vario tipo: tra l’altro, la camorra avrebbe costretto i titolari della Eurogas, società già assegnataria della convenzione con tre comuni, a cederla gratuitamente alla Cpl Concordia.
Piccolo e Schiavone, invece, sono indagati per associazione mafiosa con il ruolo, secondo l’accusa, di aver curato gli interessi del clan Zagaria in relazione agli appalti per la metanizzazione del casertano.

La ricostruzione
Un accordo «a monte», risalente al 2000, stabilito tra la dirigenza della Cpl Concordia e il clan dei Casalesi. Con l’intermediazione di Antonio Piccolo, imprenditore ma soprattutto «espressione» della fazione capeggiata dal boss Michele Zagaria. È questo lo scenario su cui si sono concentrate le indagini della Dda di Napoli che hanno portato oggi all’esecuzione di otto misure cautelari (tra cui sei arresti), alcune delle quali nei confronti di vertici della cooperativa modenese. Indagini che si sono avvalse delle rivelazioni del collaboratore di giustizia Antonio Iovine, che con Zagaria era a capo dell’organizzazione.
Le opere per la metanizzazione nel cosiddetto Bacino 30 hanno riguardato sette comuni: Casal di Principe, Villa Literno, Casapesenna, San Cipriano d’Aversa, Villa di Briano, San Marcellino e Frignano. L’azienda concessionaria, la «Consorzio Eurogas» fu estromessa attraverso intimidazioni della camorra e costretta a cedere la concessione a titolo gratuito in favore della Cpl Concordia. Questo avveniva - ricordano gli inquirenti - due mesi prima della promulgazione della legge 266/97 con la quale venivano stanziate ingenti risorse pubbliche per la metanizzazione nel Mezzogiorno. La camorra avrebbe ottenuto subappalti (con affidamento diretto dei lavori attraverso la lottizzazione e la stipula dei contratti sotto una certa soglia per aggirare la normativa): le imprese inoltre erano indicate alla Cpl dal clan dei Casalesi, come sottolineano gli inquirenti della Dda.
La Concordia versava in ogni caso una tangente «già inserita dalla Cpl nel prezzo dei lavori (10mila lire sulle 75mila previste per metro lineare da contratto)», ma anche una «grossa fetta dei contributi pubblici pari a circa 23 milioni di euro al netto di Iva». Gli accordi prevedevano anche l’assunzione nella coop di affiliati al clan, uno dei quali era - evidenzia la Dda - l’autista di Iovine, all’epoca latitante. Dalle indagini è emerso anche che i locali affittati dalla Cpl a San Cipriano erano di proprietà di parenti del boss ora pentito. Nell’ambito degli accordi tra coop e camorra, su sollecitazione di Piccolo, la Cpl omise di chiedere ai familiari del boss Michele Zagaria il pagamento di 47mila euro per la fornitura di gas.

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