Addio al papà della Nutella. È morto Michele Ferrero

Dicono che fino all'ultimo, nonostante l'età avanzata e la malattia, continuasse a occuparsi di persona del nuovi prodotti della sua azienda. Un'operosità che ne ha fatto uno degli imprenditori più ricchi del mondo, simbolo dell'eccellenza del Made in Italy. L'industria italiana piange il «papà» della Nutella, Michele Ferrero, geniale patriarca dell'omonimo colosso dolciario di Alba morto ieri a 89 anni a Montecarlo. Un pezzo importante della storia economica italiana, che ha saputo trasformare il laboratorio del padre Pietro in una multinazionale con 20 stabilimenti e oltre 30mila collaboratori in 53 Paesi.

Era l'estate del 1949, al Giro d'Italia si sfidavano Coppi e Bartali e l'attore americano Tyrone Power furoreggiava agli albori della dolce vita romana, quando Michele, dopo gli studi di ragioneria a Mondovì, nel collegio in cui era seguito dallo zio prete, don Eugenio Cillario, fu costretto dalla morte del padre Pietro a prendere le redini della ditta di famiglia. Un piccolo laboratorio nato per creare dolci buoni ad un prezzo conveniente anche per le tasche di operai e contadini nei tempi difficili del secondo Dopoguerra.

In principio erano i «pani di Giandujot», il cioccolato dei poveri come lo chiamava qualcuno, una specie di gianduiotto da tagliare a fette. «Fu un successo travolgente del quale neppure oggi riusciamo a renderci pienamente ragione», diceva Michele Ferrero in una delle poche interviste rilasciate nella sua vita lontana dai riflettori. Nulla, però, a confronto con quello della Nutella, un fenomeno mondiale che l'anno scorso ha festeggiato i 50 anni.

La camera ardente sarà allestita nella sua Alba, la cui cattedrale ospiterà i funerali.

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